E’ l’accusa rivolta all’Italia dalle frontiere energetiche inglesi e francesi, timorose del nostro eccessivo ricorso ai rifornimenti di gas e petrolio russi. A loro parere ci stiamo allargando troppo. Ai loro occhi, siamo la testa di ponte di una debordante presenza in Europa dell’influenza tentacolare, messa in atto da tempo, dal gigante sovietico.
 
Un bel passo in avanti dallo storico Congresso di Vienna, che vide bollate le aspirazioni nazionali, allora rappresentate da Camillo Benso conte di Cavour, dal deciso e sprezzante veto a matrice austriaca: “L’Italia è solo un’espressione geografica”, dell’acido principe e Cancelliere di Stato, Klemens von Metternich.
 
L’accordo dei moderni plenipotenziari, Paolo Scaroni e Alexei Miller, apre un nuovo scenario e lascia defilati, invece, i vertici tedeschi. Dall’ultimo mega accordo Eni-Gazprom, essi risultano destinati ad essere direttamente coinvolti nella realizzazione del relativo superbo gasdotto. Un’arteria che attraverserà l’intero Mar Nero e in cui sarà pompato gas utile a gran parte dell’Europa. Puglia e Germania saranno le mete strategiche delle due diramazioni, di un più contemporaneo Meeting, lungo le quali si allineeranno gli interventi di Bulgaria, Romania (o Serbia), Ungheria, Austria, Repubblica Ceca, Grecia e Albania.
 
La visita di Putin in Puglia ha dato frutti. La “Bottiglia della Manna” e la Chiesa Russa di Bari, donategli a suo tempo con la benedizione di San Nicola, hanno fatto il miracolo di una significativa fornitura di gas, adeguata al fabbisogno nazionale, e a commesse tecnologiche permanenti. Se adesso riuscissero a dar via anche al disgelo tra Alessio II e Benedetto XVI, riavvicinando in concreto Mosca a Roma, Bari potrà aspirare tranquillamente a prendere il posto di Vienna, nel complicato e rinnovato ruolo di sede diplomatica.
 
A quel punto, anche Parigi e Londra faranno bene a non invidiarle più solo il mare.
 
di Antonio V. Gelormini

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