Mentre imperversa la furia xenofoba verso gli immigrati, più o meno clandestini, un esercito silenzioso composto da due milioni di unità permette all’Italia di poter continuare a camminare nel suo egoismo, figlio della civiltà dei consumi.
Le donne ambiscono solo e soltanto ad un lavoro fuori casa e scaricano sul personale domestico, quasi tutto straniero, incombenze alle quali fino ad una generazione fa attendevano volentieri, la gestione della casa, l’educazione della prole e, l’impegno più gravoso, l’assistenza agli anziani.
L’arrivo di un fiume di badanti di razze e culture diverse è accettato di buon grado dalle famiglie, è tollerato anche nei diktat più scriteriati dei leghisti e può costituire un’occasione di graduale cambiamento dei costumi.
Nei casi più gravi prestano la loro preziosa assistenza costantemente a casa, ma spesso escono a fare quattro passi con la persona a loro affidata e sono immagini di grande tenerezza: premurose sono seduti assieme su di una panchina nei giardini pubblici o aiutano amorevolmente a fare una brevissima passeggiata mattutina, per convincere l’assistito di essere ancora vivo.
Il vecchio e la badante sembrano lontani anni luce, viceversa quasi sempre si intendono con un semplice sguardo, sono entrambi molto saggi, l’uno per l’esperienza accumulata negli anni, l’altro perché vivere lontano da casa rende subito maturi.
Sono entrambi fragili come il vetro per i malanni e per la scarsa tutela dei propri diritti. Sognano la famiglia lontana e soffrono di un’inguaribile solitudine: lo straniero ha i suoi cari a migliaia di chilometri, l’anziano ancora più distanti, anche se la figlia o la nuora abitano a pochi isolati di distanza.
Tutte le piazze d’Italia dovrebbero dedicare un monumento alla badante e gli artisti dovrebbe saper cogliere e trasferire sul marmo o sul bronzo lo sguardo caritatevole di queste donne, cingalesi e filippine, polacche ed ucraine. Possiamo immaginare una donna china su un vecchio col sorriso sulle labbra.
Tutti dovremmo sostare a meditare, come non siamo da tempo più abituati e possiamo essere certi che il monumento non attirerebbe lo spray imbrattante del vandalo, che umilia le statue dei personaggi celebri e dei padri della patria e farebbe tentennare la mano del politico o del funzionario pronti a firmare una legge restrittiva o un obbligo di rimpatrio.
Achille della Ragione – Capitanata.it