Roma – Oltre il 60% delle aziende dichiara di investire solo tra lo 0 e il 5% del proprio fatturato in Intelligenza Artificiale, e appena l’1% destina più del 30% ad applicazioni legate all’IA. Questa prudenza può essere letta in due modi: da un lato evidenzia la necessità di competenze adeguate, dato che l’adozione dell’IA implica la formazione del personale, l’adattamento dei processi esistenti e la ridefinizione delle strategie di business; allo stesso tempo c’è un tema di incertezza e di complessità nell’applicare le nuove tecnologie che impone di muoversi con cautela per tener conto delle nuove normative e regolamenti, oltre che di inedite questioni di etica, privacy e di sicurezza, mai affrontate prima.
Sono queste alcune tra le più significative evidenze emerse dalla ricerca “L’Intelligenza Artificiale nei software gestionali” condotta da SDA Bocconi School of Management sulla base di una survey tra le imprese che fanno parte di AssoSoftware, l’associazione di Confindustria che rappresenta le aziende dell’IT che realizzano software gestionali.
I primi risultati della ricerca, che ha ricevuto il patrocinio dell’Agenzia per l’Italia digitale e dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, sono stati presentati oggi al Senato, alla presenza di autorevoli rappresentanti del mondo istituzionale, imprenditoriale e accademico tra cui Mario Nobile, Direttore Generale AgID, Andrea Billet, Direttore Servizio Certificazione e Vigilanza ACN, Guido Scorza, Componente del Garante per la protezione dei dati personali, Alessandro Scortecci, Responsabile Strategy, Business Development & Sustainability di CDP Venture Capital e Ranieri Razzante, Esperto del Comitato per la strategia dell’Intelligenza Artificiale della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
“Lo studio mette anche in luce che, per riuscire a sfruttare appieno le potenzialità dell’IA, non basta accompagnare le aziende e sostenere i lavoratori, soprattutto quelli più giovani, ad affrontare con formazione e strumenti adeguati le sfide della trasformazione digitale; è indispensabile infatti – ha dichiarato il Presidente di AssoSoftware Pierfrancesco Angeleri – promuovere lo sviluppo di applicazioni software nazionali che trasferiscano i benefici delle tecnologie IA nelle attività quotidiane, in modo quasi trasparente all’utente. Solo sostenendo le PMI e le start-up nazionali attive nel software e nelle nuove tecnologie l’Italia riuscirà a diventare un paese all’avanguardia nel campo dell’IA”.
Come ha sottolineato Severino Meregalli, Associate Professor of Practice di SDA Bocconi School of Management, “la principale preoccupazione delle aziende legata all’impatto dell’IA non è la perdita di lavoro, indicata solo nel 15% dei casi, bensì la dipendenza da strumenti informatici sviluppati in altri Paesi e non trasparenti, che è segnalata da oltre il 60% delle imprese intervistate. Dallo studio emerge in modo chiaro che la complessità dell’IA non può essere governata direttamente dall’utente finale ma deve essere necessariamente intermediata da esperti del settore, quali le software house, che portano i vantaggi della nuova tecnologia in azienda grazie alle applicazioni software gestionali”.
“Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha posto l’Intelligenza Artificiale al centro dell’agenda politica e della presidenza italiana del G7, con l’obiettivo di fare dell’Italia il primo Paese in Europa dotato di una normativa organica dedicata all’IA, in linea con quanto previsto dall’AI Act europeo”, ha dichiarato la Senatrice Simona Petrucci, che ha promosso l’evento di presentazione della ricerca. “In questo contesto, è molto importante l’approvazione del disegno di legge in materia di IA, il cui esame in Parlamento è iniziato nei giorni scorsi, che rappresenta il pilastro su cui potremo costruire un nuovo modello di governance che permetta a imprese e PA di utilizzare sistemi di IA in sicurezza e mettendo la persona al centro di tutti i processi”.