Milano – A fine 2015 sono quasi 500 le imprese biotech attive in Italia. Un comparto ad elevata intensità di innovazione, protagonista di uno straordinario sviluppo, capace di fungere da acceleratore di occupazione nell’indotto, dinamico e anticiclico: è questa, in estrema sintesi la fotografia scattata nel Rapporto 2016 “Le imprese di biotecnologie in Italia – Facts&Figures” realizzato da Assobiotec, Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie che fa parte di Federchimica, in collaborazione con ENEA e presentato oggi a Milano, presso la sede ICE.
Nella grande maggioranza dei casi il biotech italiano è costituito da imprese micro o di piccola dimensione che rappresentano l’elemento trainante dell’intero settore. Il fatturato supera i 9,4 miliardi di euro e le previsioni indicano un +12,8% al 2017 e un +18,1% al 2019, a conferma del rilevante contributo che l’introduzione di nuove tecnologie e prodotti porterà allo sviluppo dell’industria biotech nei prossimi anni.
Gli addetti superano le 9.200 unità, gli investimenti in R&S gli 1,8 miliardi con un’incidenza del 25% sul fatturato delle imprese dedicate alla R&S biotech a capitale italiano e punte che possono raggiungere anche il 40% del giro d’affari.
Nel corso del 2014, oltre la metà (56%) delle imprese si è autofinanziata, più di un quarto (26%) ha avuto accesso a contributi in conto capitale, pubblici o privati (grants), il 16% ha fatto ricorso al capitale di debito, mentre soltanto il 4% ha potuto accedere a finanziamenti di Venture Capital.
Il Rapporto evidenzia inoltre che il biotech nazionale è un settore ad alta intensità di ricerca: rispetto all’industria manifatturiera, infatti, la quota di addetti in R&S è 5 volte maggiore (13 volte se consideriamo le imprese dedicate alla R&S biotech a capitale italiano). Non solo: guardando la quota della spesa in R&S sul fatturato si registra come questa sia di 2,3 volte maggiore nel biotech (14 volte se consideriamo le imprese dedicate alla R&S biotech a capitale italiano).
La Lombardia è la prima regione in Italia per numero di imprese (141), investimenti in R&S (29,43% del totale) e fatturato biotech (51,11% del totale).
“I dati del rapporto presentato oggi mostrano come l’industria biotecnologica in Italia rappresenti un comparto di indiscussa eccellenza, sia scientifica che tecnologica. Un settore caratterizzato da un forte fermento e dinamismo, testimoniato dalla presenza di quasi 500 aziende – dichiara Riccardo Palmisano, Presidente di Assobiotec – Ma gli stessi dati confermano anche i punti di debolezza del settore: infatti, quasi il 90% delle imprese dedicate alla R&S biotech sono e restano realtà piccole o micro, una caratteristica che ostacola lo sviluppo delle grandi potenzialità della biotecnologia in Italia. Inoltre burocrazia, frammentazione, poco trasferimento tecnologico, misure di supporto strutturale ancora poco competitive frenano lo sviluppo nel panorama internazionale. Sebbene negli ultimi anni siano stati fatti interventi concreti, che rappresentano indubbi passi avanti, restano diversi punti critici, che a nostro avviso vanno affrontati rapidamente per non rischiare di perdere il momentum che il biotech sta offrendo anche al nostro Paese. Primo fra tutti, l’istituzione di una cabina di regia centrale e comune dell’intero sistema che, sull’esempio di quanto già avviene nel Regno Unito, possa coordinare ed armonizzare gli interventi su ricerca ed innovazione, individuando le priorità, ma anche indirizzando le risorse disponibili. Altro tema chiave è il necessario rafforzamento delle competenze di trasferimento tecnologico, attraverso, ad esempio, la costituzione di un centro nazionale di Technology Transfer per le scienze della vita. Terzo punto quello legato al miglioramento delle agevolazioni fiscali ad oggi presenti. Senza dimenticare la necessità di far nascere un venture capital pubblico-privato, in cui siano coinvolte le istituzioni, capace di supportare la creazione e lo sviluppo di imprese biotecnologiche innovative e costituire un punto di riferimento per operatori finanziari esteri interessati a co-investire nel nostro Paese.”
‘’La collaborazione fra Assobiotec e l’ENEA avviata con la realizzazione di questo rapporto va nella direzione di creare un canale privilegiato per favorire ed incentivare scambi di conoscenze e tecnologie fra uno dei principali enti di ricerca del paese e le imprese attive nelle biotecnologie – dichiara Marco Casagni, Vice Responsabile della Direzione Committenza dell’ENEA – Come Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile abbiamo una consolidata tradizione in questa direzione, con particolare riferimento all’applicazione delle biotecnologie ai vari settori produttivi, per la messa a punto di prodotti e servizi fortemente innovativi e per contribuire a processi più efficienti ed ambientalmente sostenibili, come ad esempio la formulazione di biofarmaci e vaccini di nuova generazione prodotti in pianta, i processi per la produzione di bioetanolo ed idrogeno o il processo biotecnolologico per la rimozione di depositi di origine organica da opere d’arte. Se nel settore della salute l’applicazione delle biotecnologie è ormai consolidata, con interessanti prospettive nel campo delle malattie rare e delle terapie avanzate, ancora più promettenti sono le prospettive di sviluppo nelle applicazioni industriali e della green chemistry in particolare – ha aggiunto Casagni. ‘’Per poter cogliere pianamente le opportunità che si prospettano, è però necessario fare sistema nella ricerca e sostenere le imprese nella gestione delle forti incertezze che caratterizzano soprattutto i settori più innovativi.”