All’età di 17 anni Alberto Mieli fu arrestato e torturato perché trovato in possesso di un francobollo della resistenza. Dopo alcuni giorni fu deportato nel campo di sterminio di Auschwitz – Birkenau (nei pressi di Cracovia, Polonia). Sul suo braccio gli fu tatuata la matricola 180060 e da allora, fino al giorno della sua liberazione, non fu più una persona ma un numero. Uno dei tantissimi, spogliati di qualsiasi dignità e finiti nello struggente “Se questo è un uomo” di Primo Levi, il cui incipit campeggia a imperitura memoria proprio all’ingresso della fabbrica di sterminio celebre in tutto il mondo. «Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici. Considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no».
L’Università di Foggia conferirà la Laurea Honoris Causa in “Filologia, Letterature e Storia” ad Alberto Mieli. Figlio di Umberto e Rosa Moresco, nato a Roma il 22 dicembre 1925, arrestato nella Capitale nel novembre del 1943, deportato prima ad Auschwitz e poi a Mauthausen, miracolosamente sopravvissuto alla Shoah, storico «suo malgrado» come spesso si definisce ironicamente, Alberto Mieli è divenuto uno dei testimoni principali della strage compiuta dai tedeschi ai danni degli ebrei (e di altre popolazioni e gruppi) durante la Seconda guerra mondiale. La proposta di Laurea Honoris Causa ad Alberto Mieli è scaturita anche dall’iniziativa di diversi comuni e scuole della Capitanata, in cui Mieli nel recente passato si è recato per testimoniare l’orrore della Shoah. L’indicazione è stata prontamente recepita e formalizzata dai proff. Saverio Russo e Stefano Picciaredda, quindi condivisa unanimemente prima dal Dipartimento di Studi umanistici. Lettere, Beni culturali e Scienze della formazione e poi dal Senato accademico dell’Università di Foggia. L’autorizzazione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica, attraverso il Ministro Stefania Giannini, al conferimento della Laurea Honoris Causa ad Alberto Mieli è giunta lo scorso 18 settembre.
La cerimonia ufficiale conferimento è stata fissata per martedì 1 dicembre 2015, dalle ore 10,00 in poi, presso l’aula magna del Dipartimento di Studi umanistici. Lettere, Beni culturali e Scienze della formazione in via Arpi 176 a Foggia, naturalmente alla presenza del reduce dall’orrore della persecuzione razziale. «Ne sono estremamente onorato – ha commentato Alberto Mieli alla notizia dell’ufficialità del riconoscimento accademico – e sarò felice di essere all’Università di Foggia per testimoniare, ancora una volta, quanto sia importante non cancellare le tracce del passato e della memoria: soprattutto quando sono così orribili». Quando Mieli conobbe Papa Giovanni Paolo II, Karol Wojtyla, questi gli domandò come avesse potuto scampare a quell’inferno. «Santità a questa domanda non so risponderle – racconta Mieli –. Lui allora si commosse e si mise a piangere, io lo feci un attimo dopo».
Alla cerimonia di conferimento della Laurea Honoris Causa prenderanno parte molti giovani. Oltre a quelli dell’Università di Foggia, anche studenti rappresentanti dei vari istituti scolastici di Foggia e della Capitanata. «Sono stati i giovani a ispirare questo grande evento di civiltà e memoria, mostrando grande interesse e partecipazione nelle “Giornate della memoria” che si tengono a gennaio (poiché il 27 gennaio 1945 l’arrivo dell’esercito russo all’interno del campo di Auschwitz ha sancito la fine dell’orrore, NdR). Vogliono essere protagonisti della trasmissione della memoria, ora che i testimoni diretti stanno scomparendo – argomenta il prof. Stefano Picciaredda, titolare della cattedra di Storia contemporanea all’Università di Foggia –. Mieli è un uomo che umanamente e storicamente ha davvero molto da raccontare ai nostri studenti. Ha sperimentato l’abisso, l’orrore e la rinascita. La sua passione nel testimoniare il male più profondo della storia merita tutta la nostra attenzione e la nostra ammirazione. Faremo in modo che per lui sia una giornata di festa, e di giustizia: ripareremo in parte allo scandalo delle leggi razziali che lo allontanarono dagli studi».
Alberto Mieli è affettuosamente soprannominato Zi Pucchio, proprio per le sue radici profondamente romane. Il 16 ottobre 1943 era scampato al rastrellamento del ghetto di Roma, un mese più tardi però cadde nella rete di fascisti e Gestapo. Riuscì a salvarsi perché inviato a lavorare nelle fabbriche di guerra di Sosnowiec, nell’attuale Repubblica Ceca: il trasferimento da Auschwitz a Sosnowiec avvenne a piedi, una marcia di 620 km durata circa due mesi e compiuta sia di notte che di giorno. Durante questo tragitto, almeno altri 100 deportati morirono di stenti. Alberto Mieli si salvò, insieme a pochi altri.