Che il calcio in Italia sia un argomento di discussione più di qualsiasi altro non è una novità che scopriamo oggi, né che sia più importante il prima e il dopo delle partite che il durante.
Quello che lascia un po’ interdetti, almeno quelli come me che amano il calcio, sono tifosi, ma poi finita la partita la cosa finisce là, è che da sabato scorso stiamo parlando del gol non dato al Milan e del gol annullato ingiustamente a Matri come se fossero il più grande problema italiano o il più grande problema dello sport nel nostro Paese.
Il tutto aggravato dalla frase di Buffon che ha osato dire che “se anche avesse visto il pallone dentro la porta” non l’avrebbe detto all’arbitro. E qui ecco scatenarsi i colpevolisti, gli innocentisti, i puritani di ogni genere che indicano il portiere della nazionale come un vero e proprio pessimo esempio per le giovani generazioni.
Io direi che molto banalmente e cinicamente il calcio è uno sport che produce grandi profitti e che, come tale, non è soggetto alle sole leggi della “lealtà sportiva”, ma anche a quelli degli obiettivi aziendali da raggiungere per cui Buffon, molto lealmente ha detto, che non avrebbe “tradito” la sua azienda.
Molto più grave e mi scandalizzerei di più quando si scopre che il mondo del calcio e i suoi risultati non sono falsati da arbitri e guardialinee che sbagliano, ma da giocatori e azzeccacarbugli che acquistano e vendono partite, che tradiscono la propria società e i propri tifosi prendendo buoni stipendi e allo stesso tempo facendosi pagare per tradirli.
E’ molto più grave secondo me l’atteggiamento dei giocatori che simulano un fallo, che tirano un pugno all’avversario, che fanno finta di stramazzare al suolo, che si strattonano senza ritegno in area di rigore, eccetera, eccetera.
Insomma sarebbe molto meglio se il calcio pensasse a bloccare tutte le sue storture e a parlarsi meno addosso, più che stare una settimana a processare qualcuno che, almeno fino ad oggi, ha dimostrato lealtà.