Milano – La pandemia ha evidenziato quanto sia fondamentale, oggi più che mai, ripensare all’Healthcare in ottica “One Health”. I cittadini e le istituzioni sono chiamati a contribuire al circolo virtuoso di questo approccio con la consapevolezza che il benessere dell’ecosistema è indissolubilmente legato a quello delle persone, degli animali e dell’ambiente. Sostenibilità e inclusione sono, quindi, le parole chiave della nuova rivoluzione.
Un danno all’ambiente, un danno alla vita
La questione ambientale rappresenta un tassello essenziale di questa visione: i cambiamenti che il Pianeta subisce generano ripercussioni che impattano direttamente e indirettamente con la vita umana. Il report del Global Health Observatory dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha constatato che il 24% dei decessi a livello mondiale è legato proprio a cause ambientali.
“Cambiamenti climatici, inquinamento ed esposizione a sostanze chimiche tossiche e la perdita della biodiversità – che sappiamo essere associata all’aumento delle malattie infettive – sono le tre crisi planetarie che minacciano il futuro dell’umanità”, dichiara Arianna Gamba, Circular Programme Health Manager di Health Care Without Harm.
I danni che l’uomo ha procurato e che continua a cagionare all’ecosistema stanno, quindi, gradualmente presentando il conto e un’inversione di rotta risulta oggi una scelta obbligata. L’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) ha appurato nella recente pubblicazione “Economic losses and fatalities from weather- and climate-related events in Europe” che il cambiamento climatico ha determinato nel nostro continente la morte di più di 140mila persone e 510 miliardi di euro di danni finanziari tra il 1980 e il 2020 (ondate di calore, inondazioni, eccetera), mentre, secondo il rapporto di giugno 2022 sempre di AEA, l’inquinamento è responsabile del 10% dei casi di cancro in Europa.
“Del problema dell’inquinamento conosciamo solo la punta dell’iceberg: siamo continuamente esposti a sostanze chimiche. Tra le più conosciute troviamo piombo, arsenico, amianto, cromo, cadmio, acrilamide, pesticidi, ma ne esistono anche meno note come bisfenolo A e i cosiddetti PIFAS. E proprio in Italia si è verificato il più grande disastro ambientale europeo correlato ai PIFAS: nel 2013 si è scoperto che oltre 350.000 residenti in Veneto sono stati esposti alla contaminazione attraverso l’acqua del rubinetto.”
Lo stesso settore Health si classifica tra i meno sostenibili: è responsabile del 4,4% delle emissioni globali, oltre all’utilizzo della plastica come materiale primario.
Resistenza Antimicrobica (AMR): la “pandemia silenziosa”
Uno degli esempi più chiari di come la salute ambientale influisca su quella umana, è costituito dalla problematica dell’AMR. Pur trattandosi di una piaga globale, si osserva una resistenza più significativa agli antibiotici nei Paesi in cui vi è maggiore inquinamento e, a questo proposito, l’Italia secondo i dati del 2021 dell’European Centre for Disease Prevention and Control, risulta essere in una situazione particolarmente critica se confrontata con quella degli altri Paesi europei. Le ragioni di questa condizione sono da ricercarsi in consumi più elevati di antibiotici e in tassi più alti di resistenza e multiresistenza. Si tratta di una problematica ormai impossibile da ignorare:
“L’AMR, essendo un tema poco discusso nonostante la sua enorme portata, è stata definita “silent pandemic”: i dati di una recente pubblicazione del The Lancet indicano che il numero di morti causate dalla resistenza agli antibiotici durante il 2019 a livello globale è di 1,27 milioni, paragonabile a quello per incidenti stradali in un anno. – afferma Denise Pezzutto, Product Development Manager di Resistomap OY – Si stima inoltre che entro il 2050, se non si interverrà adeguatamente, ci saranno fino a 10 milioni di decessi al mondo ogni anno a causa dell’antimicrobico-resistenza.”
Gli strumenti dell’inclusione: Patient Advocacy
Dal generale al singolare, e viceversa: l’approccio One Health richiede non solo un’attenzione maggiore all’ambiente, ma anche un vero e proprio sforzo collettivo che coinvolga persino i pazienti in quanto soggetti attivi del Sistema. Tuttavia, oggi la sanità non è accessibile a tutta la popolazione: il 70% dei cittadini italiani, ad esempio, non possiede le competenze base per usufruire dei servizi della digital health. Uno strumento prezioso per fronteggiare a questa difficoltà è sicuramente la Patient Advocacy che, tramite la sua rete, contribuisce ad abbattere il muro tra istituzioni, operatori e utenze:
“L’evoluzione del sistema sanitario è strettamente connessa a quella del paziente, il quale diviene sempre più consapevole del proprio valore nonché un vero e proprio interlocutore che prende parte alla circolarità dell’Healthcare. In questo contesto si inseriscono i concetti di inclusione e salute allargata che dovrebbero essere favoriti dal digitale. Tuttavia, oggi la situazione è molto diversa: l’innovazione e l’utente sembrano viaggiare a due velocità diverse. – dichiara Laura Patrucco, Patient Advocate – Solamente ripensando i servizi a misura di persona il paziente può essere non solo semplice fruitore, ma anche attore cooperativo e collaborativo all’interno di questa struttura. La vera rivoluzione culturale attuata attraverso la Patient Advocacy è l’inclusione, con il driver delle competenze.”
Una posizione condivisa anche da Roberta Gilardi, CEO di G-Gravity che conclude:
“L’ideazione degli strumenti che dovrebbero favorire l’inclusione è sempre stata legata al back-end dei progetti inerenti all’Healthcare, mentre è oggi fondamentale coinvolgere in modo più significativo all’interno dell’equazione anche il paziente. I modelli sanitari di domani dovranno approcciare nuove visioni sostenibili che si occupino anche della prevenzione delle patologie attraverso una corretta informazione. Tramite una nuova consapevolezza più trasversale, i vantaggi non si misureranno solo in termini di salute, ma avranno anche una ricaduta economica positiva sull’intero sistema nazionale.”