Roma – “Come Ordine dei Medici siamo preoccupati che i medici di medicina generale, che sono un front office importantissimo e che tutti considerano elemento essenziale e strategico, siano aiutati nello svolgere il loro servizio”. Lo afferma Cristina Patrizi, segretario dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Roma, commentando l’eventuale riforma della medicina territoriale e il possibile passaggio dei medici di famiglia da liberi professionisti a dipendenti del Servizio sanitario nazionale.
“Gli schieramenti di opposizione sulle diverse ipotesi, che peraltro a oggi non mi risulta trovino un reale riscontro governativo ma su questo posso sbagliarmi- prosegue- farebbero pensare che si preveda un ascolto delle istanze che vengono dalle categorie”.
“Mi scuso per l’analogia- aggiunge l’esponente dell’Omceo della Capitale- ma le riforme, come le guerre, si svolgono con gli eserciti, che sono quelli che realizzano le campagne, che partecipano ai conflitti. Così come i professionisti sanitari sono gli attori delle riforme che, però, non possono essere realizzate se prima non si ascoltano tutte le parti interessate“.
Cristina Patrizi ricorda che “adesso c’è un Dm 77 che deve essere attuato, così come doveva essere attuata la riforma Balduzzi del 2012, quindi parliamo di 13 anni fa. Riforma Balduzzi che, ad esempio, prevedeva le Aft, ovvero le aggregazioni funzionali territoriali che poi, insieme alla multidisciplinarità, rappresentano lo snodo di questa riforma, ovvero lavorare in team, in gruppi, in reti. Considerando che tutto ciò non si è ancora realizzato nonostante la riforma Balduzzi del 2012, questo è davvero un elemento di preoccupazione”.
Alla riforma Balduzzi del 2012 si aggiunge poi il Piano nazionale di ripresa e resilienza tra il 2022 e oggi. “In questi anni- evidenzia il segretario dell’Ordine dei Medici di Roma- se parliamo di medicina generale questo Pnrr si è declinato in un contratto di lavoro siglato nell’aprile 2024, che già prevedeva un ingaggio a 38 ore, il cosiddetto ruolo unico”.
“Ruolo unico- precisa Patrizi- che, però, deve essere declinato nelle regioni. Ad oggi, una, due, forse tre regioni hanno siglato gli accordi integrativi regionali che servono per realizzare sul territorio questa ‘riforma’ chiesta dai governi con il Dm 77. Questo è quello che abbiamo adesso, lo status quo. Uno status quo all’insegna della grande incertezza: questo ruolo unico previsto anche dal contratto della medicina generale è infatti monco, perché non è declinato nelle regioni. Ma questo è il problema di avere 20 regioni differenti, con 20 situazioni gestionali, organizzative, epidemiologiche diverse”.
“I professionisti sono quelli- commenta inoltre il segretario dell’Omceo Roma- le regole devono essere comuni per tutti e devono essere chiare. Ma soprattutto, e si tratta di una cosa a cui tengo particolarmente come donna e come segretario dell’Ordine, le regole devono tenere presente che il 70% della professione medica è rappresentata da donne, in particolar modo nella fascia giovanile. Nel 2024, dati ufficiali dell’Osservatorio del ministero della Salute, circa il 70% del personale assunto nel Servizio sanitario nazionale è rappresentato da donne”.
Secondo Cristina Patrizi, “le regole devono essere chiare per tutti, devono essere declinate da chi ha la responsabilità di governare regioni e e lo stato e dobbiamo uscire da questa incertezza, dalle minacce. Dobbiamo essere chiari, perché i professionisti che lavorano nella sanità, e nello specifico nella medicina generale, hanno bisogno di chiarezza. Ritengo inoltre che sia necessario che le regole e le norme pensate siano flessibili, perché una professione pensata al femminile ha bisogno di flessibilità. In Italia, infatti, la maggior parte del carico assistenziale delle famiglie, ovvero dei figli e dei genitori, spetta, purtroppo, ancora alle donne”.
“In tutta questa situazione auspichiamo chiarezza da parte del governo- dichiara- le decisioni devono essere prese con i professionisti e per i professionisti e devono consentire soluzioni organizzative flessibili, necessarie a dare risposte molteplici che occorrono sul territorio per poter lavorare insieme, in team e in multiprofessionalità”.
“Non abbiamo timore delle riforme- conclude il segretario dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Roma- ma abbiamo necessità di chiarezza e confronto con l’esecutivo e con le regioni, perché altrimenti rimaniamo in un limbo come adesso siamo in tutte le regioni d’Italia, in particolare nel Lazio. Siamo certi che usciremo da queste impasse e che le istanze dei professionisti verranno ascoltate”.