Nel mondo 270 milioni di persone praticano calcio, uno degli sport a più alto rischio infortuni
Roma – Secondo la Fifa, sono 270 milioni le persone che praticano il calcio in tutto il mondo. Di queste, 110mila sono professionisti, 38 milioni di giocatori praticano il calcio all’interno di campionati federali, mentre la fetta più comune, quella degli amatori, è formata da 230 milioni di persone. Secondo studi epidemiologici condotti negli Stati Uniti il calcio è uno degli sport a più alto rischio di infortuni, poiché prevede corsa, salti, alto tasso di contatto fisico e continui cambi di direzione.
Di questo e altro si è discusso durante la terza edizione di ‘What’s new in football medicine. Focus on rehabilitation’, evento organizzato dalla Società Sportiva Lazio e dall’Ordine dei Fisioterapisti del Lazio (OFI Lazio) presso la Sala Plenaria del Training Center di Formello.
Una vera e propria occasione di confronto in tema scientifico nell’ambito della fisioterapia sportiva, a cui hanno preso parte fisioterapisti, chirurghi, ortopedici, traumatologi ed esperti di medicina sportiva e riabilitazione, che si sono soffermati su numerose tematiche: dalla gestione delle lesioni acute di muscoli e tendini alla prevenzione e al trattamento delle sindromi da ‘overuse’, da una panoramica sugli esercizi terapeutici e sulle terapie fisiche in riabilitazione alle evidenze nell’ambito delle tecniche fisioterapiche di trattamento.
Al centro del dibattito, inoltre, le tecniche chirurgiche ortopediche del ginocchio e della spalla, la riabilitazione post intervento chirurgico e la gestione dell’atleta, senza dimenticare le recidive di infortunio e l’incremento della performance.
L’infortunio nell’ambito del calcio, hanno sottolineato gli esperti durante i lavori, è definito come ‘un qualsiasi evento che determina una interruzione dell’attività di allenamento o della partita‘ e prevede il concetto di ‘time lost injury’, ovvero quanto tempo ‘perderà’ l’atleta prima di poter tornare in campo.
Non è tutto: la gravità dell’infortunio viene espressa in numero di giorni di assenza dall’attività sportiva, suddivisa in lieve, minore, moderata e severa, con quest’ultimo tipo di infortunio che porta a un’assenza dai campi da gioco maggiore di quattro settimane.
Non è tutto: la gravità dell’infortunio viene espressa in numero di giorni di assenza dall’attività sportiva, suddivisa in lieve, minore, moderata e severa, con quest’ultimo tipo di infortunio che porta a un’assenza dai campi da gioco maggiore di quattro settimane.
L’incidenza degli infortuni viene invece misurata con il numero di eventi nell’arco di 1.000 ore di attività: nel calcio globale l’incidenza è di 8 infortuni per 1.000 ore di attività, con una netta differenza tra gli infortuni che avvengono in allenamento e quelli che si registrano in partita. Uno studio ha inoltre messo in luce che una squadra europea top level, composta da 25-28 giocatori, in media ha 50 infortuni a stagione e ogni giocatore mediamente ha due infortuni per ogni stagione, il 14% della squadra non risulta utilizzabile a causa di un infortunio durante la stagione e nell’arco di una stagione europea solo 10 squadre hanno avuto più del 90% della rosa a disposizione per tutta la stagione.
Nel corso dell’evento è inoltre emerso che un trauma severo su cinque, pari al 18%, coinvolge il ginocchio degli atleti, in particolare la lesione del legamento crociato anteriore, che nel sesso femminile è due volte maggiore rispetto a quello maschile.
Nel mondo del calcio non mancano le recidive, che da sole rappresentano il 12% del numero totale degli infortuni, riguardano principalmente lesioni muscolari e tendinee e avvengono nei primi due mesi dal primo infortunio. Se, nel calcio, il portiere ha un tasso di infortuni minore e gli attaccanti sono quelli a maggior rischio, l’aumentato numero di partite disputate non altera la performance del giocatore in termini di prestazioni ma cresce in maniera sensibile il rischio di infortuni.
I partecipanti all’incontro ‘What’s new in football medicine. Focus on rehabilitation’ hanno inoltre sottolineato come gli infortuni dei calciatori rappresentino un importante problema economico per le società: uno studio sulla Liga spagnola ha infatti evidenziato che in una sola stagione sono stati registrati quasi 1.000 infortuni e che un elevato tasso di infortuni può costare a una società fino a 45 milioni di euro.
‘È stato un incontro molto importante- ha spiegato il coordinatore dello staff medico della S.S. Lazio, Fabio Rodia– che ha messo in rilievo soprattutto l’importanza della figura del fisioterapista nel mondo del calcio, in particolar modo nell’attività sportiva. Ad esempio, nella Società Sportiva Lazio abbiamo un feedback continuo con i fisioterapisti, sia per quanto riguarda la prevenzione, sia per quanto riguarda il trattamento e la riabilitazione dei calciatori. La figura del fisioterapista è sicuramente una figura centrale e da questi lavori non può che arrivare un accrescimento sul fronte dell’esperienza e per quanto riguarda le tecniche che sicuramente devono portare a una prevenzione degli infortuni, ma soprattutto a una rapida riabilitazione e a un rapido recupero in campo’.
Il professor Rodia si è poi soffermato sui numerosi infortuni che affliggono i calciatori. Infortuni muscolari ma anche più gravi, come la rottura dei legamenti del ginocchio. ‘La causa prioritaria- ha tenuto a precisare- è sicuramente l‘elevato numero di partite che oggi si giocano. Come Società Sportiva Lazio usciamo da una settimana in cui abbiamo avuto ben 6 partite in 15 giorni. E si tratta di partite che si giocano in stadi diversi, anche con lunghi viaggi in Europa. Questo, chiaramente, crea un affaticamento nei giocatori. E per questo motivo sono molto importanti la prevenzione e la fase di recupero, che deve essere chiaramente dedicata ed eseguita in maniera funzionale e, soprattutto, in maniera spesso individuale’.
‘Voglio ringraziare la Società Sportiva Lazio, il presidente Claudio Lotito e il professor Rodia- ha affermato la presidente dell’Ordine dei Fisioterapisti del Lazio, Annamaria Servadio– perché venire coinvolti in un dibattito scientifico di così alto livello credo sia importantissimo per la professione del fisioterapista ma soprattutto per tutta la riabilitazione sportiva. È stata una giornata di alto confronto scientifico, la sala è stata molto partecipe, e questo evento rappresenta sicuramente un’opportunità di crescita e di lavoro in team che la Lazio sa fare molto bene e che noi stiamo vedendo, un lavoro testimoniato dalla giornata che abbiamo vissuto’.
‘Oggi- ha precisato Servadio- sono stati molteplici gli argomenti che hanno destato l’attenzione dei partecipanti. Quello che è emerso, e sicuramente si tratta di una responsabilità di tutti i riabilitatori, è che in riabilitazione ci sono ancora troppo poche evidenze e questo avviene non solo in ambito sportivo, quindi, a volte, siamo un po’ ‘sconcertati’ nel dover dire che questa sia o meno la soluzione giusta da prendere. Come Ordine professionale sosteniamo la ricerca, e la S.S. Lazio con il suo nuovo laboratorio è all’avanguardia in questo campo. Ci candidiamo, dunque, nel supporto alla produzione scientifica, sostenendo da un lato la nostra associazione rappresentativa a livello nazionale che produce ricerca, ovvero AIFI, ma anche promuovendo la migliore evidenza, le migliori best practice’.
Nel corso della terza edizione di ‘What’s new in football medicine. Focus on rehabilitation‘ si è parlato anche del ritorno allo sport dopo un infortunio al legamento crociato anteriore del ginocchio e del ruolo degli indicatori chiave diprestazione nella riabilitazione post chirurgica. ‘È veramente fondamentale- le parole del delegato alla libera professione e alla fisioterapia sportiva di OFI Lazio, Luca Conciatori- portare all’attenzione i nuovi livelli di evidenza scientifica in merito a questa patologia abbastanza importante, che crea un viaggio per tutti i pazienti e tutti gli atleti, un viaggio molto lungo che poi riporta loro allo sport. E tornare allo sport non è più solo un qualcosa legato a criteri temporali, non basta aspettare del tempo per poter ritornare in campo, noi terapeuti abbiamo bisogno di moltissime informazioni cliniche ed è necessario eseguire tantissimi test ma soprattutto scegliere le metriche giuste che dobbiamo utilizzare per sapere se effettivamente un atleta è pronto a tornare in campo’.
‘È un percorso lungo- ha inoltre detto- è un percorso nel quale in ogni fase ha un’importanza particolare la scelta dei test che vanno eseguiti e la corretta interpretazione che va data ai numeri. Oggi fortunatamente la tecnologia ci aiuta e ci dà tantissimi strumenti per poter misurare meglio le capacità di un atleta, ma poi sta a noi saper eseguire i test nel modo corretto e, soprattutto, misurare e oggettivare le metriche più corrette. Sicuramente la sfida del futuro sarà continuare a oggettivare ogni tipo di valutazione che eseguiamo in fisioterapia, sia in questo tipo di riabilitazione ma in generale in ogni riabilitazione di un problema muscolo-scheletrico’.
A Formello fari puntati anche sul ruolo dei Key Performance Indicators per il ritorno allo sport dopo un intervento di capsuloplastica. ‘La relazione- ha concluso Eithan Cousin, fisioterapista sportivo di Roma- si è basata proprio sul percorso riabilitativo dopo un intervento per lussazione di spalla. Abbiamo visto vari tipi di test: da quello per la mobilità articolare fino ad alcuni di performance, soffermandoci anche su un algoritmo che possa darci degli strumenti per capire qual è il test giusto da fare al momento giusto, ma soprattutto come interpretare i dati che possiamo estrapolare dei vari test. Tutto questo può condurci verso una maggiore sensibilità e una maggiore competenza nel comprendere un percorso di ritorno allo sport per un atleta professionista dopo questa tipologia di intervento ma soprattutto come interpretare questi dati in ottica di équipe multidisciplinare: sappiamo infatti che è vero che un buon lavoro, un buon percorso riabilitativo, buoni test e buoni fisioterapisti e medici tendono ad abbassare notevolmente il rischio che l’atleta possa farsi male nuovamente. Ma, purtroppo, è anche vero che al giorno d’oggi portare a zero questa percentuale è impossibile, quantomeno possiamo abbassarla il più possibile ma avere a disposizione degli strumenti per poter fare questo è sicuramente già qualcosa in più rispetto al non averli’.
L’evento ‘What’s new in football medicine. Focus on rehabilitation’ è stato arricchito dalla presenza di Olimpia, l’aquila della Lazio, e del suo addestratore, il falconiere spagnolo Juan Bernabé.