Bari – L’86,9 per cento dell’energia prodotta in Puglia risulta in eccedenza. Il fabbisogno dei pugliesi si ferma a 18.961,2 gigawatt ma dagli impianti idroelettrici, termoelettrici, eolici e fotovoltaici, installati su tutto il territorio regionale, sono stati prodotti ben 35.431,3 gigawatt (un gigawatt corrisponde ad un milione di chilowatt). Il bilancio del 2013 si chiude con 16.470,1 gigawatt in più rispetto a quelli consumati.
A rilevarlo è il Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia che ha elaborato, per il secondo anno consecutivo, i dati Terna, gestore della rete di trasmissione nazionale.
In particolare, l’industria pugliese ha «bruciato» 7.711,7 gigawatt; l’agricoltura ne ha «assorbiti» 500,9; il terziario 4.426 e il settore domestico 4.124,3. Per un totale di 16.762,9 gigawatt. Bisogna aggiungere, poi, quelli delle Ferrovie dello Stato per la trazione dei propri mezzi (207,6 gigawatt), oltre alle perdite di trasmissione e distribuzione in rete, stimate in 1.990,7 gigawatt. Il
fabbisogno dei pugliesi è di 18.961,2 gigawatt.
Analizzando i singoli comparti, i consumi dell’industria sono diminuiti del 12,6 per cento (da 8.827,7 gigawatt a 7.711,7); quelli dell’agricoltura del 12,2 per cento (da 570,2 a 500,9); quelli del terziario del 2,1 per cento (da 4.732,3 a 4.633,6) e dell’ambito domestico del 6,6 per cento (da 4.415,5 a 4.124,3). Pesa, in termini assoluti, l’arretramento del manifatturiero (inglobato nel macro comparto dell’industria).
Questo il quadro per ciascun settore in Puglia: siderurgico (-21,8 per cento), metalli non ferrosi (-0,9), cartaria (-2,4), costruzioni (-12,2), alimentare (-1,5), tessile, abbigliamento e calzaturiero (-11,1), meccanica (-5,6), lavorazione della plastica e della gomma (-5,6), legno e mobilio (-11,2), energia ed acqua (-10,9), estrazione combustibili (-4,5), raffinerie e cokerie (-16,2), elettricità e gas (-6,1).
Non arretrano, anzi crescono il chimico (+3,6 per cento) e i materiali da costruzione (+6,5) e i mezzi di trasporto (+4,9).
Ecco i consumi nelle singole province pugliesi: La provincia più energivora è Taranto. Consuma 5.679,4 gigawatt, di cui
4.315,1 per l’industria, 666,3 per il terziario, 622 per il settore domestico e 76 per l’agricoltura. Impressiona il siderurgico che, da solo, «risucchia» ben 3.634,6 gigawatt. Complessivamente, nel tarantino, la flessione si attesta al 18 per cento.
Segue la provincia di Bari con 4.015 gigawatt, di cui 1.519,1 per il terziario, 1.268 nelle abitazioni private, 1.076,5 per l’industria e 151,3 per l’agricoltura. Al terzo posto c’è la provincia di Lecce con 2.193,9 gigawatt, di cui 870,2 nelle case, 840,5 per il terziario, 416,8 per l’industria e 66,4 per l’agricoltura.
Dopo viene Brindisi con 2.003 gigawatt, di cui 1.122,6 per l’industria, 428,7 nell’ambito domestico, 409,4 per il terziario e 42,3 per l’agricoltura.
La provincia di Foggia è quinta con 1.826,7 gigawatt, di cui 642,2 per il terziario, 566,5 per il settore domestico, 516,1 per l’industria e 101,9 per l’agricoltura. La meno energivora è la provincia di Barletta-Andria-Trani con 1.044,7 gigawatt, di cui 368,8 in abitazioni private, 348,5 per il terziario, 264,5 per l’industria, e 63 per l’agricoltura.
«I dati elaborati dal nostro Centro studi regionale – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – sono rappresentativi del trend che coinvolge il sistema produttivo pugliese. I consumi energetici – spiega il presidente – costituiscono un indicatore rilevante della vitalità delle imprese e dell’andamento della produzione. Il loro cospicuo e trasversale arretramento per il secondo anno consecutivo sta a significare che la ripresa è in ritardo più o meno in tutti i settori. Certo, su questa flessione pesa in maniera molto significativa la situazione del siderurgico tarantino, ma destano altrettanta preoccupazione lo stato dell’edilizia, del legno-arredo ed anche del Tac: le piccole imprese di questi settori sono state fra le più falcidiate dalla crisi economica, con l’interessamento di una platea di lavoratori non certo inferiore a quella dell’Ilva».
«Occorre comprendere – conclude Sgherza – che il mondo dell’impresa diffusa e dell’artigianato è ancora attanagliato dalla crisi. Il numero degli imprenditori e dei lavoratori che ne fanno parte impone pari attenzione anche rispetto a casi di più eclatante evidenza giornalistica».