A EXPO 2015 arriva uno strumento, nato da un’alleanza fra ricercatori italiani e statunitensi, per preservare la biodiversità nel settore agricolo, sempre più minacciata dai cambiamenti climatici, dall’utilizzo intensivo di prodotti chimici e dalla diffusione di specie esotiche invasive, come la cicalina e la Xylella fastidiosa, che mettono in pericolo “gioielli nazionali” come vite ed olivo. Si tratta di una tecnologia messa a punto nell’ambito del progetto GlobalChangeBiology. coordinato dall’ENEA e sviluppato in collaborazione con l’Università californiana di Berkeley e il consorzio scientifico no profit CASAS Global, presentata in occasione del convegno “Un mondo (bio)diverso: l’agrobiodiversità in un mondo che cambia”, che si tiene oggi a Milano presso l’Auditorium di Cascina Triulza.
La diffusione di specie ‘invasive’ che colonizzano territori lontani da quelli di origine, ha costi elevatissimi, circa dieci volte più alti di quelli dovuti ai disastri naturali. Stime recenti della Coldiretti indicano che i danni da specie invasive alle colture italiane assommano a circa un miliardo di euro l’anno. È il caso, ad esempio, della cicalina Scaphoideus titanus, originaria del nord America e arrivata in Europa a metà del secolo scorso; nutrendosi della linfa della vite, è in grado di trasmettere alla pianta una grave malattia, la flavescenza dorata, che obbliga i viticoltori ad effettuare trattamenti insetticidi e, molto spesso, ad estirpare le viti infette. Anche negli oliveti è piena emergenza per il batterio fitopatogeno Xylella fastidiosa, che potrebbe rappresentare una concreta minaccia per il patrimonio olivicolo nazionale e mediterraneo.
L’allarme nasce anche dal fatto che con il surriscaldamento del clima e la globalizzazione, le specie invasive sono destinate ad aumentare: lo testimonia la crescente presenza di insetti tropicali e di vegetali dannosi nel Bacino del Mediterraneo, dalla zanzara tigre, all’alga killer che ha causato danni ingenti nelle praterie di Posidonia, fino alla Xylella che non era mai stata segnalata prima nella regione euro-mediterranea.
“L’ecosistema agricolo – spiega l’agronomo ed entomologo ENEA Luigi Ponti – è composto da moltissimi elementi che interagiscono e questo lo rende assai complesso. Grazie alla nostra tecnologia basata su un software che simula il funzionamento di un ecosistema nei suoi elementi essenziali e secondo appositi scenari, per la prima volta è possibile intervenire su base scientifica quantitativa per affrontare le criticità determinate dagli stress intensi e molto rapidi a cui l’agroecosistema è oggi sottoposto”.
Nello specifico, il software consente di tracciare una mappa del rischio costituito dagli insetti invasivi, ossia di valutarne la diffusione e di quantificarne il danno potenziale a livello territoriale, sulla base di modelli che simulano le dinamiche di colture e specie infestanti in relazione a comportamenti, fisiologia e condizioni climatiche.
Nel convegno si affronta anche il ruolo degli agricoltori – ma anche di allevatori, nutrizionisti, economisti, esperti di sicurezza alimentare o di politiche agrarie – nella selezione delle varietà e nella trasformazione dei prodotti che mangiamo. Spesso il consumatore non ha percezione diretta dei fattori che compongono la filiera, né delle implicazioni etiche che le proprie scelte hanno sulla disponibilità delle risorse genetiche sul lungo termine.
“In questo scenario – sottolinea la ricercatrice ENEA Federica Colucci – l’agricoltore è chiamato a stabilire nuove relazioni con i consumatori-cittadini, con il territorio e con il mercato. Ciò sta determinando negli ultimi anni la riformulazione delle scelte quotidiane d’acquisto dei consumatori ad esempio attraverso i Gruppi di Acquisto Solidale, i farmer’s market, la vendita diretta presso le aziende agricole. Forme di acquisto che rispondono non solo all’esigenza di accedere a cibo di qualità, ma anche di riappropriarsi di beni e servizi di cui il cibo e l’agricoltura sono portatori”.