Ci mancava solo questa. Essere additati come cattivo esempio e diventare la “pietra miliare”, da cui prendere le distanze, per non essere incantati dall’incessante, apatico e inconcludente canto delle cicale. A tutto c’è un limite. Alla lunga, anche le formiche tanto care a Tommaso Fiore hanno perso la pazienza ed hanno deciso di trasmigrare in Spagna, per dar vita ad un nuovo “popolo” animato da rinata operosità.
La vicenda non è di poco conto. E bene farebbero istituzioni ed organismi di settore a non prenderla sotto gamba. Il governo Zapatero, nel prologo del suo piano sul turismo con scadenza 2020, avete letto bene 2020, scrive testualmente: “Dobbiamo usare come benchmark l’Italia, perché nonostante le potenzialità infinite, ha fatto di tutto per non valorizzarle”.
Una vera e propria sberla. Come quella che i genitori di qualche secolo addietro rifilavano ai bambini, dopo l’esecuzione in pubblico di una condanna a morte, come monito e avvertimento per non seguire il cattivo esempio della vittima. Una denuncia plateale della grande occasione mancata del nostro Paese: nientemeno che il turismo.
A denunciarlo è il neo-amministratore delegato di Sviluppo Italia, Domenico Arcuri. Romano d’adozione, sangue e radici calabresi, è uomo del ministro Bersani. Si è laureato ed è stato docente alla Luiss, oltre ad essere già stato, a meno di 43 anni, il numero uno di Arthur Andersen e Deloitte. Oggi gli è affidata l’Agenzia del Tesoro al servizio dello sviluppo. Quella che finora altro non era che la riedizione del carrozzone Insud, per l’intervento straordinario nel Mezzogiorno. Nei futuri programmi del duo Arcuri-Bersani, invece, una struttura leggera e virtuosa, in grado di attrarre investimenti esteri, capace di avviare sviluppo dei territori e votata a creare nuove imprese.
L’affronto spagnolo è nei documenti ufficiali. Il torero è pronto alla stoccata finale del sorpasso, nella classifica mondiale dei Paesi turisticamente più attraenti. Ora vedremo se il toro italiano reagirà piccato con focoso orgoglio latino o se piuttosto si tratta di un bove. Pio, sentimentale e abituato al giogo, di carducciana memoria.
di Antonio V. Gelormini