Sagunto, infine, è stata espugnata. La riforma delle pensioni era diventata come la celebre protagonista delle saga matrimoniale pugliese. Tutti la volevano, ma nessuno che intendesse davvero sposarla. E ora, che Romano Prodi l’ha portata finalmente all’altare, i pretendenti si dileguano. Tutti a dire a chi avrebbero voluto che il nascituro somigliasse, ma nessuno disposto ad assumerne la paternità responsabile e consapevole.
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L’intesa è stata approvata in Consiglio dei Ministri “all’unanimità”. Serietà istituzionale e maturità responsabile dei vari leader dovrebbero impedire qualsiasi tentazione del tipico malvezzo, tutto italiano, della spiccata tendenza ai distinguo e alle prese di distanza. Soprattutto un attimo dopo essere stati i protagonisti, radicali o riformisti, di un accordo cha ha visto tutti partecipi e tutti consenzienti.
 
Ci sarebbe da chiedersi perché esistono (e se lo sono davvero) dei leader e dei rappresentanti politici o sindacali, se anche l’istituto della rappresentanza è attaccato con preoccupante facilità dal virus del relativismo. Difficile interpretare in altro modo la richiesta di referendum tra i lavoratori, dopo aver condizionato per mesi l’iter della trattativa. Approvando l’intesa, tutti i pronuncianti del sì dovrebbero diventare “baluardi” dell’accordo e non i primi demolitori.
 
Fino a quando il virus non sarà debellato, il sistema sarà perennemente instabile. Ma qui non è affare di Norton o Avast. Per le intransigenze alla Cremaschi il solo antidoto resta una sana ed efficace rivoluzione.
di Antonio V. Gelormini

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