Ad immaginarli insieme potrebbe prendere forma l’istantanea di un’insolita coppia, facilmente paragonabile a una sorta di moderni Don Chisciotte e Sancho Panza. In verità, al di là degli schieramenti annunciati e alla luce di una serie di caratteristiche che il Partito democratico ha deciso di volersi dare, la combinata Michele Emiliano e Rosy Bindi darebbe forma a scenari più consoni con le finalità del partito nuovo e meno contraddittori di quanto si possa pensare.
Dopo l’annuncio della candidatura del ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, in un collegio di Bari per l’Assemblea costituente del Partito democratico, e il suo auspicio di lista unica per Veltroni nello stesso collegio, sono in molti ad avere la sensazione che la fuga dal confronto e la tendenza a predefinire gli esiti della competizione stiano contagiando anche il leader dei Ds.
In tal caso, sarebbero almeno tre le buone ragioni per pensare di orientare il voto verso un sostegno a Rosy Bindi per il nazionale e a Michele Emiliano per la Segreteria regionale del Pd. Anche perché l’assenza di concorrenti svilisce l’appuntamento elettorale, scoraggia l’affluenza ai seggi ed è palesemente in contraddizione con la richiesta di partecipazione attiva, che il partito nuovo intende favorire.
Innanzitutto si darebbe concretezza all’impegno dell’equivalenza fra la presenza femminile e lo storico e imperante protagonismo del sesso forte. Rosy Bindi, al momento, è l’unica donna di spicco nell’intera contesa delle primarie. Un po’ poco dopo gli innumerevoli proclami e le ripetute dichiarazioni d’intenti. Flavia Prodi lo ha sollecitato: “Le donne si prendano voce e spazio nel partito che verrà. Loro sono le uniche oggi capaci di legare i macro problemi alle micro soluzioni e di ridurre la distanza con i cittadini”.
Questa sorta di voto disgiunto testimonierebbe anche la voglia di smentire la percezione di una realtà, sottolineata dallo stesso D’Alema, allorquando ha voluto rimarcare, con la decisione della candidatura Emiliano, l’assimilazione della necessità dei partiti da parte della società civile. Cosa vera, ma non certamente per il vecchio modo di intendere i partiti. Meglio sarebbe stato se il processo di innovazione della forma partito fosse stato avviato da una sua iniziativa. Invece, perdura l’abitudine a mettere il cappello, magari prima degli altri, su ogni cambiamento quando, ormai, fosse ritenuto inevitabile. Il Partito democratico, la candidatura Veltroni, così come quella di Michele Emiliano, sono esempi sempre di un’accorta attenzione a governare il processo in evoluzione, ma mai a promuoverlo o a favorirlo prima che cominciasse a crescere ed affermarsi.
Infine, la forza di un voto alla Bindi e a Emiliano, potrebbe contribuire ad evitare che il plebiscito annunciato per Walter Veltroni, senza dubbio il leader più naturale del futuro Partito democratico, non si trasformi in un plebiscito nelle Assemblee costituenti di una schiera di figure di apparato. Fino a ieri decisamente scettici sul progetto del partito nuovo, ed oggi in convulso attivismo per la ricerca del solito posto al sole. L’affermazione di Gero Grassi, a proposito delle liste per le costituenti nazionale e regionale: “Sia chiaro, sul nostro pullman i passeggeri li scegliamo noi”, fa davvero paura.
di Antonio V. Gelormini