\"\"Prendo a prestito penna e carta da lettera virtuali per dire a Franco Giordano che non ci siamo. Non ci siamo proprio. Voler rimanere al di sopra e a debita distanza dalla decisione diretta dei lavoratori, chiamati ad esprimersi sul protocollo sul welfare con un referendum, è un modo di vivere la politica che non ci piace.
 
Rimanere pervicacemente aggrappati alla propria lotta ideologica e ostinarsi a non trarre le conseguenze da un’eventuale sostenuta testimonianza di una diversa visione e valutazione delle cose, rischia di diventare la negazione del più elementare principio di partecipazione democratica.
 
A sentire il responsabile lavoro del suo partito (Zipponi) viene la pelle d’oca: “Il referendum è un
fatto di partecipazione unico e sarà valutato con grande capacità di discernere per capire chi ha votato sì e chi ha votato no". Tradotto, per il Prc il referendum andrà interpretato in base ad una lettura \’qualitativa\’ del voto e non solo in termini puramente numerici. Ovverosia se nelle grandi fabbriche prevalesse il no, bisognerà tenerne conto anche se, nel complesso, saranno i sì a vincere.
 
Caro Giordano, è proprio questo tipo di politica che in tanti vorrebbero mandare all’aria una volta per tutte. Un progetto che dovrebbe far suo il nascente Partito democratico. Perché qualitativo o quantitativo l’indice di sopportazione ha superato da un pezzo la tacca rossa del limite consentito.
di Antonio V. Gelormini

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