Non è un caso che, in due giorni consecutivi, 28 e 29 Novembre, si siano tenuti nel nostro Paese due importanti momenti di dibattito sul crowdfunding.
Il 28 Novembre si è tenuto a Torino il workshop “Fundraising e crowdfunding. Dalla condivisione di progetto alla comunicazione” organizzato da FERPI – Federazione Relazioni Pubbliche Italiana, ASSIF – Associazione Italiana Fundraiser, Unicom – Unione Nazionale Imprese di Comunicazione, AISM -Associazione Italiana Marketing e IED – Istituto Europeo di Design. Diversi i relatori, tra cui segnalo Luciano Zanin (Presidente Assif), Elena Zanella (dirigente terzo settore e socio Ferpi) e Anna Maria Siccardi (Retedeldono – piattaforma di crowdfunding), moderati da Claudio Bedino (Italian Crowdfunding Network).
Il 29 Novembre a Napoli, all’interno del Technology Biz (fiera dell’innovazione che parte da Sud) in collaborazione con Campania Innovazione e Sud Project Camp, c’è stato invece il workshop dal titolo “Italy-Based Crowdfunding: finanziare innovazione e competitività”. A questo workshop, moderato da Maurizio Imparato (founder presso crowdfundingformazione.com), hanno preso parte Alessandro Brunello (Produzioni dal basso – piattaforma di crowdfunding), Nicola Ucciero (DeRev – piattaforma di crowdfunding) ed io, che a lungo ho pensato di essere un po’ stonata in quel contesto, visto che il caso che intendevo discutere è piuttosto un esempio di fundraising per così dire di tipo “classico”. In altre parole questo workshop mi sembrava troppo 2.0 per poter parlare con successo di cose come il door to door o di risultati raccontati man mano sul giornalino parrocchiale!
Ma, mentre Alessandro e Nicola raccontavano le rispettive piattaforme ed esponevano, sollecitati dal dibattito, le loro opinioni sul futuro del crowdfunding, mi sono venute in mente alcune considerazioni.
La prima.
Bisogna fare chiarezza. Il crowdfunding è una delle tecniche di fundraising, il cui strumento sono le piattaforme (come per’altro ha ben sottolineato Elena Zanella nel suo Nonprofit Blog). Quando ci si appresta ad una campagna di raccolta fondi è necessario in primo luogo capire in che modo organizzarla e di quali strumenti servirsi. Spesso è opportuno non limitarsi ad uno; scegliere 2 o 3 strade diverse ci può aiutare a raggiungere prospect diversi.
La seconda.
Il crowdfunding oggi sembra troppo spesso una moda. Molti vedono in una campagna di crowdfunding una grande soluzione perché i costi sono bassissimi (generalmente sono percentuali sul raccolto) e perché non richiede sforzo fisico, visto che basta un PC ed il gioco è fatto. Ma siamo proprio sicuri che sia così? Tolto il problema dei costi che effettivamente sono vantaggiosi se non addirittura nulli, resta il problema dell’impegno. Perché, come ha sottolineato Nicola Ucciero, 100×0=0 intendendo che senza impegno non c’è piattaforma che renda. Ci vuole cura.
La terza considerazione.
Ma ci voleva il crowdfunding per insegnarci che il successo di una campagna di raccolta fondi risiede in buona parte nella cura? La cura nel raccontare la nostra storia, la cura nel tenere alta l’attenzione rispetto ad un problema, la cura verso i nostri volontari, la cura nella rendicontazione.
La quarta considerazione.
Un fundraising che si veste di web è sicuramente un modo per raggiungere tante persone. I social network e il web in generale sono amplificatori potentissimi. Ma ci siamo chiesti se tutti i “navigatori” siano pronti a donazioni on-line? La mia zia più moderna ha il suo tablet, lo smatphone ed un profilo facebook ma non farebbe una donazione on-line, troppo complesso. E qui mi aggancio a la quinta considerazione.
Alcune delle persone in sala al TBiz hanno lamentato proprio la complessità del linguaggio legato al crowdfunding soprattutto in opposizione alle parole semplici del caso da me esposto. Io ho parlato di un piccolo paese tra i monti del Cilento e dei suoi cittadini che hanno finanziato il recupero di opere di interesse artistico-storico-culturale con campagne di fundraising (non solo raccolta fondi) andate molto bene ma anche molto lontane dai canali 2.0
Questo per dire che, quando abbiamo un progetto e vogliamo attivare una campagna di raccolta fondi, chiediamoci sempre prima quale è la strada migliore da percorrere. Forse è il crowdfunding, ma forse no!
di Valeria Romanelli (R&Rconsulting)