“L’impegno e la cura verso gli individui e le comunità – dichiara Paolo Trevisanato, esperto del mondo del non profit e managing partner dello studio tributario e legale Noda Studio –, verso il territorio e l’ecosistema, verso la cultura e la società, sono valori condivisi da molti imprenditori. La società benefit consentirà a molti di loro che già perseguono questi obiettivi e ad altri che vorranno aggiungersi di dare adeguato risalto e veste giuridica al loro impegno”.
La Legge di Stabilità 2016 ha introdotto nel nostro ordinamento un nuovo tipo di società che, nell’esercizio di un’attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, persegue una o più finalità di beneficio comune e opera in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti delle persone, dell’ambiente e dei beni culturali e sociali.
I professionisti di Noda Studio, avendo negli anni sviluppato competenze specifiche nel non profit, sono sensibili alle tematiche sociali. “Questa nuova forma societaria ha finalmente trovato l’eco adeguata presso il nostro legislatore”, sottolinea Trevisanato, che opera nella sede di Venezia ma lavora in team con i colleghi di Milano, Roma e Brescia. Noda Studio, membro dell’associazione professionale internazionale Andersen Global, è attento all’evoluzione di qualsiasi normativa volta alla sostenibilità e alla tutela della collettività.
Il modello delle società benefit (benefit corporation) è nato negli Stati Uniti nel 2010: precisamente, nel Maryland che approvò per primo una legge che consentiva alle società di affiancare allo scopo di lucro, anche scopi sociali o di pubblica utilità. Quindi, al focus aziendale della massimizzazione del valore per gli azionisti, si accostava l’attenzione ai benefici per l’ambiente, il sistema sociale e, più in generale, per gli stakeholders non esclusivamente finanziari.
Nel mondo ci sono attualmente più di 1.400 B-Corp certificate in oltre 42 Paesi e l’Italia è la prima Nazione al di fuori degli USA a essersi dotata di una legislazione in materia.
La Legge di Stabilità 2016, all’articolo 1, commi 376 – 382, prevede che possano adottare tale modello tutte le società di persone, di capitali e le società cooperative le quali dovranno inserire nel proprio statuto (nuovo o modificato, se si tratta di società già costituite) il perseguimento del beneficio comune. Con quest’ultimo si intende il conseguimento, nell’esercizio dell’attività economica, di uno o più effetti positivi o la riduzione degli effetti negativi nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni e dei c.d. stakeholders (lavoratori, clienti, fornitori, finanziatori, creditori, pubblica amministrazione e società civile). Gli amministratori dovranno trovare il giusto equilibrio tra la realizzazione degli interessi degli shareholders e quello degli stakeholders, in conformità a quanto sarà previsto dai rispettivi statuti societari, e saranno responsabili per inadempimento dei propri doveri, ove non perseguano tali ulteriori obiettivi.
Il modello si sviluppa partendo dalla constatazione del ruolo che le imprese hanno, o meglio dovrebbero avere, nel garantire uno sviluppo sostenibile, la protezione dell’ambiente e il progresso sociale: ambiti nei quali il settore pubblico e quello del non profit, pur importanti, hanno dimostrato di avere dei limiti.