Nel sudore ci sono informazioni assimilabili a quelle del sangue, ma finora nessuno sapeva come estrarle. 

La startup italiana Biometrica c’è riuscita realizzando qualcosa che cambierà il mondo

 

Milano – «Chi si allena o pratica qualunque tipo di sport, sa bene che per ottenere buoni risultati è importante monitorare il proprio corpo. Un calo di sali minerali abbassa le prestazioni, un calo eccessivo di liquidi superiore al 2% del proprio peso può avere conseguenze anche più gravi». A spiegarlo è Matteo Beccatellico-founder e Cto di Biometrica, la startup di Parma che ha realizzato Swemax, il primo biosensore sul mercato in grado di analizzare il sudore. «Tra i fluidi biologici che meglio possono rappresentare il nostro corpo inteso nella sua unicità, c’è sicuramente il sudore, paragonabile solo al plasma per importanza delle informazioni fornite. Informazioni assolutamente parametrate su noi stessi perché ciascuno di noi ha una propria impronta. Swemax è in grado di catturare proprio questa impronta e rappresentarla in digitale».

 

Come funziona Swemax

Swemax è un ecosistema composto da un biosensore ovvero un cerotto intercambiabile che cattura microscopiche gocce di sudore e le trasmette al dispositivo elettronico cui è collegato. Un oggetto leggerissimo, un concentrato di tecnologia grande quanto un accendino, che si posiziona a contatto della pelle all’interno di una tasca negli indumenti tecnici (magliette e canotte) che fanno parte del kit. Ogni singolo secondo, i dati raccolti dal dispositivo vengono inviati all’interno di uno spazio super blindato in cloud dove l’Intelligenza Artificiale di Swemax elabora le informazioni e grazie al machine learning impara a “conoscere” il corpo della persona che indossa il sensore. Partendo da questi dati, l’IA formula un’analisi predittiva che arriva a segnalare in anticipo un crampo o un malessere dovuti a cali di liquidi o sali minerali. Ma segnala anche se si sta per superare quella fatidica soglia di disidratazione del 2%. Queste informazioni vengono inviate allo smartphone così l’atleta o il coach possono fare un check delle prestazioni e avere delle proiezioni per capire se ci sono criticità e servono correzioni nella tabella di marcia. «Quello che finora era considerato un liquido di scarto, oggi diventa una fonte preziosissima di informazioni e non parliamo solo di sport. Con Swemax si aprono le porte a un nuovo mondo che permetterà di avere dati continui sul nostro corpo in modalità assolutamente non invasiva». Spiega Beccatelli.

 

Swemax e Nico Valsesia sul monte Ararat

L’innovazione introdotta da Swemax nel mondo dello sport è tale da aver suscitato subito l’attenzione di diversi coach, atleti e perfino di un campione di endurance del calibro di Nico Valsesia, che proprio in questi giorni si trova nel mezzo di una nuova impresa titanica che lo vede avventurarsi dal Mar Nero fino alla cima del monte Ararat.

 

Ha portato con sé Swemax per tenere sotto controllo il suo fisico e gestire al meglio i cali di liquidi e sali minerali. «Uno strumento come Swemax non solo può salvarti la vita quando sei in alta montagna, ma può aiutare tutti quegli sportivi che fanno endurance, sia in fase di allenamento sia durante le competizioni. – Spiega l’atleta – Sapere quanto e quando puoi sforzarti o comunque ricordarti di bere, prevenendo per tempo la disidratazione, è di grande aiuto per evitare crolli di performance e cedimenti nella motivazione ad andare fino in fondo, soprattutto per gli sportivi che competono da soli senza un seguito pronto a supportarli. E poi c’è un’altra cosa: sono felicissimo di essere fra i primi a usare un prodotto che aprirà nuove strade e non solo legate allo sport».