I dipendenti del nostro Paese sono i più stressati in Europa, ma i meno inclini a restare a casa dal lavoro per problemi di salute mentale

Milano– Nel 2 025 il gradino più alto del podio delle sfide HR per i datori di lavoro italiani lo conquista la voce “retribuzione e benefit” (28%). Medaglia d’argento al “benessere dei dipendenti” (27%), mentre al terzo posto si posiziona il “lavoro flessibile” (26%). Completano la top 5 “l’esperienza e il coinvolgimento dei dipendenti” (24%) e “l’upskilling e il reskilling” (22%). A rivelarlo i risultati della nuova ricerca internazionale “HR & Payroll Pulse” condotta da SD Worx, principale fornitore di soluzioni HR in Europa, su un panel di 5.625 decisori HR e 16.000 dipendenti provenienti da 16 Paesi europei. Ma i lavoratori vedono le stesse sfide all’interno delle loro organizzazioni?

In Italia fari puntati su retribuzione, benessere e flessibilità

Le priorità dei datori di lavoro italiani sono cambiate. Sale all’apice della lista la retribuzione e i benefit. Un’urgenza per i decisori HR che si rispecchia con l’evidenza che siamo uno dei Paesi UE in cui i salari reali sono diminuiti di più negli ultimi 4 anni come mostrano anche le classifiche dell’Ocse su dati Eurostat.

Se nel 2024 era il benessere dei dipendenti a occupare la prima posizione, scelto dal 39% dei rispondenti, oggi non solo questa sfida è scesa al secondo posto dell’agenda lavorativa, ma ha persino ottenuto 12 punti percentuali in meno rispetto all’anno precedente. Una tendenza, quest’ultima, comune agli altri Paesi europei coinvolti, anche se mediamente nel Vecchio Continente il Benessere resta saldo al vertice con il 28% delle preferenze.

Il bronzo tricolore al lavoro flessibile (orario, remote working, modelli ibridi…) potrebbe, invece, evidenziare un ritardo nostrano se si considera che a livello europeo resta fuori dalle cinque posizioni di testa, piazzandosi solo alla sesta.

La differenza con l’Europa

Restando oltre il confine nazionale si collocano, invece, al secondo e al terzo posto rispettivamente la fidelizzazione dei dipendenti (25%) e il recruiting di nuovi talenti (24%), mentre l’esperienza e il coinvolgimento del personale (23%) e la retribuzione e i benefit (22%) chiudono la lista delle cinque sfide del settore ritenute più urgenti dai decisori HR intervistati. Rispetto al 2024, la recente panoramica europea rivela, comunque, nuove preoccupazioni in crescita. Ad esempio, la conformità alle leggi e alla regolamentazione viene oggi citata dal 17% dei rispondenti (14% nel 2024), l’ottimizzazione delle paghe dal 14% (11% nel 2024) e la mobilità interna e la gestione delle carriere dal 13% (11% nel 2024).

L’importanza della salute mentale sul luogo di lavoro

Passando la parola ai dipendenti italiani, anche se le percentuali sono inferiori rispetto all’Europa, emerge che sei su dieci si dichiarano soddisfatti del proprio lavoro (vs 69% EU) e la metà afferma di sentirsi coinvolto dalla propria organizzazione (vs 63% EU). Un tema centrale rimane, però, la salute mentale: siamo il Paese più stressato con un dato del 63% (vs 56% EU).

Analizzando in profondità, è singolare osservare come nel Belpaese la percentuale degli uomini che asseriscono di sentirsi in salute e in forma durante il lavoro sia maggiore rispetto alle donne (60% vs 49%), sebbene sia proprio la componente maschile a registrare il valore più alto (15% vs 9%) quando si analizzano le richieste di congedo per la propria salute mentale. Tuttavia, rispetto alla media europea (17,5%), siamo il Paese che si prende meno pause per motivi di salute mentale (12%). Un dato, però, da attenzionare è sicuramente l’8% dei giovanissimi (under 25), se si considera che si sono appena affacciati al mondo del lavoro.

Indagando, infine, la carriera professionale, i risultati mostrano, purtroppo senza sorprendere, una maggiore consapevolezza tra gli uomini. L’affermazione “vedo un percorso chiaro per la mia crescita professionale all’interno dell’azienda” ha ottenuto, infatti, il 39% delle preferenze dei dipendenti maschi contro il 27%, ben 12 punti percentuali in meno, di quelle delle donne.

In Italia quasi due dipendenti su dieci cercano attivamente un altro lavoro

Osservando in conclusione le dinamiche dell’occupazione, sebbene la fidelizzazione non si posizioni nella top 5 delle priorità dei datori di lavoro italiani, risulta che quasi due dipendenti su dieci (18%) siano propensi o addirittura stiano cercando un altro impiego in una nuova organizzazione o un’altra mansione all’interna della propria. Gli under 35 risultano essere i meno fidelizzati con una media di ricerca attiva del 28%, dato che conferma la crescita del fenomeno americano definito “jop hopping” (saltare da un lavoro all’altro) tra Millennials e Gen Z.

La mobilità interna offre alle organizzazioni l’opportunità di trattenere e ampliare ulteriormente le nozioni e le abilità dei talenti in un mercato del lavoro oggigiorno molto competitivo. L’evidenza che quasi due dipendenti su dieci vorrebbero assumere un ruolo diverso rimanendo, però, nella stessa azienda è, quindi, un vantaggio per entrambe le parti e rappresenta l’opportunità di sviluppare una carriera sostenibile. Puntare su orientamento e formazione permette, inoltre, alle organizzazioni di costruire una cultura che incoraggia la crescita e la voglia di espandere le proprie competenze. Questo approccio consente, dunque, alle società e al personale, di diventare più agili e pronti ad affrontare un contesto in rapida evoluzione”, commenta Valentina Bergonzi, Direttore Risorse Umane di SD Worx Italy.