Roma – “È ora di finirla con la caccia alle streghe, la nostra pazienza è finita. Non esiste alcuno studio scientifico che dimostri che i ristoranti sono luoghi di contagio, eppure ad ogni Dpcm i più penalizzati sono sempre i pubblici esercizi. L’dea di imporre un coprifuoco generalizzato alle 22 per tutte le feste natalizie, con lo stop a bar e ristoranti alle 18 il 25 e 31 dicembre non ha alcun senso né motivazione scientifica. Dicembre non è un mese come gli altri, da solo vale 7,9 miliardi di euro, praticamente il 20% dei fatturati di un anno. Quindi se si vuole impedire ai ristoranti di lavorare a cena, bisogna compensare le perdite al 100%, basandosi sui fatturati dello scorso dicembre”.
Così Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi che mette in fila i numeri di un eventuale stop alle attività di ristorazione per Natale e Capodanno. Lo scorso anno 4,9 milioni di italiani hanno trascorso il 25 dicembre in uno degli 85mila locali aperti per l’occasione, spendendo 270 milioni di euro in tutto. A questi si aggiungono 445 milioni di euro spesi a Capodanno da 5,6 milioni di persone per il cenone, per un totale di quasi 720 milioni di euro.
“È evidente – sottolinea Claudio Sadler, chef stellato dell’omonimo ristotrante di Milano – che non possiamo rinunciare agli incassi di dicembre: per i miei locali le feste rappresentano il 25% del mio fatturato annuo. Se davvero il governo pensa sia più prudente chiuderci lo faccia, ma ci ristori al 100% e immediatamente. Altrimenti ci lasci lavorare in sicurezza come abbiamo sempre fatto, almeno fino alle 23. Anche perché le persone hanno voglia di socialità e di svago dopo un autunno di clausura. E se non ci saranno i ristoranti a fare da garanti del distanziamento e della sicurezza, rivedremo le scene di quest’estate con piazze piene e nessun controllo”.
“Chi non potrà essere messo in condizione di lavorare – fa eco Laura Barbieri del Ristorante Barbieri di Altomonte, provincia di Cosenza – dovrà essere ristorato subito, non come accaduto con le misure precedenti. A noi che operiamo in un paesino di 4mila abitanti, il blocco degli spostamenti tra comuni ha già tagliato le gambe. Secondo le nostre previsioni perderemo il 90% del fatturato di dicembre che, insieme ad agosto, costituisce il 50% del nostro lavoro annuale. È chiaro che le vie di mezzo non bastano: o ci ristorano al 100% o ci mettono in condizione di lavorare davvero”.