Qual è il modo più semplice per prendere delle decisioni più o meno importanti?
Ovviamente, la risposta varia a seconda del tipo di persona che si è. Qualcuno si lascia guidare dal suo istinto emotivo, altri dalla pura e fredda logica. E poi c’è chi alterna l’una e l’altra cosa.
Se cercassimo una risposta più “oggettiva” alla domanda, possiamo dire che le migliori decisioni sono quelle prese facendo un’attenta valutazione della situazione di partenza, considerando tutte le possibili alternative. Un processo simile può essere fatto solo se si hanno a disposizione dei dati dai quali partire.
Prendiamo il management di un’impresa. Per portare avanti una strategia aziendale che la renda sempre più competitiva sul mercato è necessario che siano fissati degli obiettivi e tutte le azioni da compiere per raggiungerli. Per fare questo, però, bisogna basarsi su dei dati che illustrino tutti gli scenari utili per la definizione di quegli obiettivi, ad esempio, l’andamento del mercato, le richieste degli utenti e altre informazioni simili. Per fare tutto questo, è importante avere degli ottimi strumenti di Business Intelligence, tra i quali rientra il database.
Possiamo facilmente immaginare che cosa sia un database. Si tratta di un termine che tutti abbiamo sentito e magari anche usato nella nostra vita di tutti i giorni. Volendo essere più specifici, potremmo dire che in informatica, per database si intende un archivio dati strutturato e organizzato memorizzato in un computer al fine di razionalizzare l’aggiornamento e la gestione delle informazioni. In questo modo, l’esecuzione di ricerche complesse diventa gestibile, diversamente da quanto si potrebbe dire di quelle condotte negli archivi analogici.
Ogni database – che potremmo anche chiamare “banca dati” o “base dati” – è strutturato di modo da permettere non solo la ricerca, ma anche l’inserimento e la modifica delle informazioni. Una volta che il database è stato memorizzato in un sistema elettronico, può essere interrogato da un qualsiasi terminale, basta che si abbiano le chiavi di accesso preposte. Ogni base dati è incorporata in un hardware (fisico o in cloud) ed è alimentata o interrogata da specifici software.
Oltre al database, c’è un altro strumento altrettanto importante per lo svolgimento delle attività di un’azienda: il data warehouse. Chi non sa cos’è un data warehouse, può leggere la definizione di William H. Inmon, il fondatore di questo tipo di data:
“Una raccolta di dati integrata, orientata al soggetto, variabile nel tempo e non volatile, di supporto ai processi decisionali”.
Analizzando meglio le singole parti che compongono la definizione, ecco alcune precisazioni:
- i data warehouse sono integrati, ovvero sono una raccolta in cui confluiscono dati provenienti da fonti esterne e da sistemi transazionali;
- sono orientati al soggetto, quindi i data warehouse sono orientati a temi aziendali specifici piuttosto che alle applicazioni o alle funzioni. Sono archiviati in modo da essere letti facilmente dagli utenti. L’obiettivo, infatti, è quello di fornire dati organizzati per favorire la produzione di informazioni;
- le informazioni contenute nei data warehouse coprono un arco temporale molto più esteso rispetto agli archivi di un sistema operativo. Solitamente, contengono informazioni su un determinato fenomeno che si è svolto in un preciso intervallo di tempo che precede l’interrogazione del sistema. Ecco perché sono definiti variabili nel tempo: i data warehouse sono capaci di fornire un quadro storico del fenomeno analizzato;
- quando si parla di non volatilità dei dati s’intende dire che i dati presenti nei data warehouse non sono modificabili, ma solo leggibili.
Alla luce di tutto questo, possiamo rispondere alla domanda iniziale dicendo che il modo più semplice per prendere decisioni è avere gli strumenti giusti a disposizione.