Ho conosciuto un’associazione bellissima. Si sono messi in testa una mission che fa venire i brividi: regalano pacchetti vacanza, di una settimana, full optional, alle famiglie di bambini affetti da malattie onco-ematologiche. “Prendono” le famiglie dagli ospedali pediatrici di varie regioni d’Italia, quelle famiglie che diversamente non avrebbero i mezzi per farlo, e li ospitano per una settimana col solo obiettivo di donare loro un sorriso ed un momento di svago. Il tutto sorretto da un’organizzazione così efficiente da garantire loro anche l’assistenza sanitaria. Lo fanno da anni, semplicemente (si fa per dire!) con la collaborazione di alberghi, ristoranti, enti pubblici, Pro-loco e tanta, tanta gente di buon cuore. Tutto senza mai chiedere soldi! Così, solo con la forza della loro buona causa e la leva di un sorriso da regalare a chi, da troppo tempo, non ne ha più uno.
Non sanno fare fundraising: niente mailing, niente story telling (e pure ce ne hanno di storie bellissime da raccontare!), niente social media marketing, NESSUNA richiesta di contributi economici.
Hanno lavorato tanto e bene ma, ora, si sono posti un obiettivo più grande: vogliono che la vacanza sia davvero per tutti, poiché ci sono famiglie così in difficoltà che non possono permettersi di sostenere nemmeno le sole spese di viaggio. Ecco allora che questa associazione si pone un nuovo grande obiettivo: pagare anche i viaggi.
Li incontro per questo: iniziano a pensare che un fundraising ben strutturato ed organizzato possa aiutarli. Vado ad un loro evento, parliamo a lungo e noto subito che c’è un ostacolo grande che si frappone tra loro e la buona causa che si sono dati (il costo dei viaggi): hanno letteralmente paura di chiedere soldi, peggio, se ne vergognano! Come se fossero sporchi, rispetto alla bellezza della loro causa; come se fosse un abuso, rispetto a tanta gratuità che li sostiene; come se poi divenisse troppo complicato spiegare e dimostrare che quei soldi sono solo un ulteriore mezzo per fare di più e meglio; come se non fosse giusto, c’è troppa crisi in giro!
Mi sono interrogata a lungo. Viviamo in un Paese che, a forza di mazzette, peculato e sonore fregatura anche dal mondo non profit, ha fatto perdere una parte di senso alla parola soldi. In più la profonda crisi economica, che affanniamo a superare, ci pone nell’ottica che, forse, non è nemmeno giusto chiedere soldi. Potrei al massimo demandare al buon cuore di ciascuno e aspettare che posi qualche spicciolo nel mio “cappello delle offerte”.
Eppure non è così! Si può chiedere soldi ma lo si deve fare in modo programmato, strutturato e serio. E per farlo, bisogna innanzi tutto essere chiari, per così dire, ex ante ed ex post, prima con sé stessi e poi con gli altri.
Chiarezza ex ante significa raccontare dettagliatamente perché abbiamo bisogno di contributi economici, di quanto abbiamo bisogno e come intendiamo usare questo “quanto”. Tutto ciò richiede di essere chiari prima di tutto con sé stessi; bisogna sapere bene quale è il fabbisogno dell’organizzazione e quale è il fabbisogno del progetto, poiché questo dovremo spiegarlo. Deve essere chiaro prima di tutto a noi, organizzazione, quali sono i costi che dovremo affrontare per sostenere la nostra realtà associativa e quali sono poi i costi dei singoli progetti, così che si possa arrivare a raccontare che, se ti chiediamo 10, magari 2 vanno all’organizzazione ed 8 al progetto. Tranquilli! Nessuno ci dirà: allora ti do solo otto! Poiché, se abbiamo comunicato bene, tutti sapranno che quel progetto non può esistere senza che esistiamo anche noi organizzazione. Ci sono costi che prescindono dal fatto di avere una rete formidabile di volontari e mezzi e in qualche modo bisogna pur sostenerli!
Chiarezza ex ante significa anche frazionare il dono e non temere di guidare alla donazione. Ciò non vuol dire che stiamo obbligando qualcuno a darci quello che diciamo noi (magari mettendolo in difficoltà); questo vuol dire solo avere chiarezza del bisogno ed essere bravi nel raccontarlo. Frazionare il dono è anche un esercizio utile sia per trovare stretta concatenazione tra ciò che chiediamo e ciò che vogliamo realizzare, sia per non dimenticare che anche nel fundraising vale la legge della Piramide di Pareto: l’80% dei fondi raccolti è dato dal 20% dei donatori e questo implica necessariamente che dovremo trovare una piccola fetta di donatori a cui chiedere “tanto”!
C’è poi la chiarezza ex post che è quella più difficile da realizzare ma ancora più efficace poiché apre la strada alla fidelizzazione dei nostri sostenitori. Essere chiari ex post significa essere in grado di tracciare il percorso delle nostre donazioni: dal momento in cui un donatore accetta di credere in noi, al momento in cui quel contributo viene usato e speso. E c’è di più. Sarebbe auspicabile poter raccontare anche gli effetti nel tempo di quella donazione e questo ci pone nella necessità (a seconda del progetto, certo) di trovare degli indicatori efficaci , ovvero degli strumenti che ci permettano in modo “matematico” di valutare gli effetti benefici del nostro progetto.
Se iniziamo a guardare alla richiesta di sostegno economico con questo approccio, non solo sarà più facile superare la “paura di chiedere” ma sarà anche un orgoglio raccontare poi quanto abbiamo raccolto e in che modo abbiamo impiegato il denaro. In sé stesso il denaro non ha valore, ne ha solo per quello che può dare in cambio.( Louis Bromfield, Mrs. Parkington, 1943) Ebbene, c’è chi chiede denaro per poter dare in cambio sorrisi. C’è da vergognarsene? NO! Piuttosto: c’è da chiederne di più!
Valeria Romanelli
R&R consulting