L’accertamento del reddito delle persone fisiche può essere effettuato dall’Agenzia delle Entrate in via sintetica, così come stabilito dall’art. 38 del DPR n.600/73 (cd REDDITOMETRO).
In pratica, la ratio della norma si basa sul concetto di “determinazione sintetica del reddito” a seguito dell’esame delle spese sostenute nonché del possesso di alcuni beni (ad esempio immobili, auto, moto, cavalli, ecc..).
La logica, infatti, è che il sostenimento delle spese tanto per l’acquisto di beni quanto per il loro sostenimento costituisce un indice di capacità contributiva che deve essere coerente con la dichiarazione dei redditi.
In tale tipologia di accertamento, l’imponibile viene dunque determinato o in base alle spese sostenute o mediante l’applicazione di alcuni coefficienti ministeriali attribuiti al possesso di alcuni beni. Ne deriva, pertanto, che nel caso in cui il contribuente fosse sottoposto a tale accertamento egli dovrà dimostrare sia in sede amministrativa che in sede giudiziale che il reddito accertato non corrisponde alla realtà.
Tale istituto è stato oggetto di una radicale riforma apportata dal DL n.78/2010 e che si applica per gli accertamenti relativi agli anni dal 2009 in poi.
Nel presente commento, invece, si vuole esaminare un aspetto particolare del “redditometro” relativo ai periodi precedenti al 2009 e tuttora accertabili (ossia il 2008, 2007 e in alcuni casi il 2006) e consistente nella valutazione delle spese per incrementi patrimoniali (ad esempio per l’acquisto di un immobile, un veicolo, ecc…).
Le predette spese, nella “vecchia” versione dell’art. 38 del DPR 600/73 (ossia quella precedente al DL n.78/2010), si presumono sostenute, salvo prova contraria, con redditi conseguiti in quote costanti nell’anno in cui sono state effettuate e nei quattro precedenti (in pratica, se un contribuente nel 2008 ha speso 100.000 euro per l’acquisto di un’abitazione la norma prevede che quanto meno in quell’anno e nei quattro precedenti il contribuente abbia dichiarato almeno un reddito di 20.000 euro).
Nonostante il preciso dettato della norma, però, molti uffici applicano tale criterio in modo “distorto”, imputando le quote di reddito anche ad annualità successive al periodo in cui è stata sostenuta la spesa.
A tal riguardo, si segnala un’importante sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma (sent. n.20 del 28/02/2006), la quale sostanzialmente rileva che “solo la produzione di un reddito negli anni precedenti consente la formazione del risparmio necessario per procedere all’acquisto del bene” (ciò d’altronde è stato anche confermato dalla stessa Agenzia delle Entrate con le circolari n.10/E del 30§/04/1999 e n.10/E del 13/03/2006).
Si consiglia, pertanto, di valutare con attenzione le metodologie di accertamento applicate dagli uffici.
Avv. Matteo Sances
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