Il Cosmetic Summit apre con il filosofo della scienza prof. Stefano Moriggi che propone una riflessione sul concetto di bellezza:
«La bellezza e l’automa: un dialogo necessario»
La bellezza sui social sembra essere molto standardizzata. «Sì, questo è un tema di grande attualità. C’è un dibattito anche sui filtri dei vari social network che riguarda gli adolescenti e non solo, dove alcuni scompensi (anche psicologici) sono talvolta generati dallo iato che si viene a creare tra i connotati sintetici di sé virtuale e una “realtà” che fatica a reggere il confronto. In questo senso, come accennavo, mi pare importante e opportuno che anche l’industria della bellezza investa culturalmente in una direzione che agevoli l’esercizio di riconoscere la bellezza (anche) nella valorizzazione della propria specificità».
Bologna – «Come esseri umani non possiamo non porci il “problema” della bellezza». E’ il presupposto dell’intervento del prof. Stefano Moriggi, filosofo della scienza, docente di Cittadinanza digitale presso l’Università di Modena e Reggio Emilia e membro permanente della McLuhan Foundation di Toronto, che proporrà un’inedita riflessione sul concetto di bellezza, in occasione del Cosmetic Summit, in programma a Cosmofarma Exhibition 2025, a BolognaFiere, sabato 12 aprile (dalle ore 14, Spazio Innovazione – padiglione 25). «La bellezza e l’automa: un dialogo necessario» è il titolo scelto dal prof. Moriggi per confrontarsi con i farmacisti e i professionisti del settore della cosmesi che prenderanno parte al Cosmetic Summit, l’appuntamento annuale organizzato da Cosmofarma, in collaborazione con Cosmetica Italia, una piattaforma di scambio e aggiornamento per esplorare le soluzioni più innovative e performanti nel campo della dermocosmesi. Il Cosmetic Summit ha anche l’ambizione di ispirare nuovi punti di vista, idee, approcci. Il contributo filosofico del prof. Moriggi va proprio in questa direzione.
Intervista al prof. Stefano Moriggi per Cosmofarma Exhibition 2025.
Prof. Moriggi, che cos’è per lei la bellezza? «Innanzitutto, vorrei sottolineare che la bellezza è una questione troppo importante per essere lasciata nelle mani esclusive, per quanto competenti, di chi si occupa di arte o di estetica. La bellezza è una questione trasversale che deve interrogare ciascuno di noi. Non sempre e non tutti, però, hanno gli strumenti pratici e/o concettuali per lasciarsi interrogare dalla bellezza, senza chiudersi in stereotipi che invece, talvolta, vengono proposti – o addirittura imposti – come rigidi modelli, per esempio, dalla moda. Il primo punto, quindi, è svincolare la bellezza dai contesti e dai linguaggi dentro cui, a torto o a ragione, viene quotidianamente proposta, per interrogarla più radicalmente»
Ma come la definirebbe la bellezza? «Lo scopriremo in occasione del Cosmetic Summit, la mia “definizione” emergerà dal mio dialogo con l’automa di cui si fa cenno nel titolo dell’intervento. Ma non vorrei svelare fino in fondo l’identità di quell’automa con il quale dialogherò; lo svelerò i quel giorno. Posso dire solo che lo conosciamo e lo frequentiamo tutti, chi meglio chi peggio…».
Da dove parte questa riflessione sulla necessità di un dialogo tra la bellezza e questo “automa”? «Keith Haring, il celebre artista, già nell’autunno del ’78 si chiedeva nei suoi “Diari” se, in futuro, sarebbe mai potuta esistere un’estetica delle macchine. Era preoccupato, temeva l’eventuale giorno in cui anche le macchine avrebbero potuto sviluppare una consapevolezza estetica. Uno scenario, questo, che è diventato clamorosamente attuale nell’epoca dell’intelligenza artificiale. Esistono, infatti, ormai macchine che imparano e creano. Al punto che, come è noto, la stessa espressione “intelligenza artificiale” pare insufficiente a contenere la rapida evoluzione di questi dispositivi. Si dovrebbe parlare più precisamente di reti generative – capaci, appunto di “generare”. Basta questo per capire come e perché il tema delle arti e della creatività sia definitivamente al centro di un dibattito acceso e interessante. Molti ancora sostengono che una delle caratteristiche per distinguere un essere umano da una macchina sia proprio la creatività. Ma, al di là dei pregiudizi, questo elemento di distinzione ormai è stato quanto meno in discussione. All’interno di questa cornice, nel mio intervento proverò a condividere con la platea un dialogo necessario con l’automa di cui facevo cenno più sopra al fine di intuire cosa intendiamo davvero quando parliamo di bellezza. Sarà un esercizio per riappropriarsi del senso della bellezza, oltre che per progettare la bellezza del futuro».
Nel mondo della cosmesi, come viene trattato il concetto di bellezza oggi? «Mi pare di cogliere una tendenza diffusa a tenere insieme la bellezza e benessere. Già in questo sforzo – che sia realizzato compiutamente nei fatti o talvolta solo dichiarato a parole – si intuisce un recupero, consapevole o meno, dell’antico binomio che vincola bello e buono. Penso che sia una tendenza importante, che fa pensare il bello anche come declinazione dello “stare bene”, anche nel proprio corpo. Il che non vuol dire solo non essere affetti da qualche patologia, ma significa anche percepirsi “bene” nella relazione con gli altri. In questa convergenza, mi pare di intercettare il tentativo di un progetto diverso di bellezza, quanto meno alternativo e forse più inclusivo rispetto a ipotesi dilaganti nei decenni scorsi.»
Cosa intende con progetto di bellezza meno esclusivo?«Un progetto culturale attorno alla bellezza, verso la valorizzazione della propria unicità. La bellezza intesa come sentirsi bene nel proprio corpo e nella irriducibile unicità del proprio corpo».
Eppure la bellezza sui social sembra essere molto standardizzata. «Sì, questo è un tema di grande attualità. C’è un dibattito anche sui filtri dei vari social network che riguarda gli adolescenti e non solo, dove alcuni scompensi (anche psicologici) sono talvolta generati dallo iato che si viene a creare tra i connotati sintetici di sé virtuale e una “realtà” che fatica a reggere il confronto. In questo senso, come accennavo, mi pare importante e opportuno che anche l’industria della bellezza investa culturalmente in una direzione che agevoli l’esercizio di riconoscere la bellezza (anche) nella valorizzazione della propria specificità».