An die Freiheit” (Alla libertà) erano dedicati i versi esultanti di Friedrich von Schiller, adattati per via della censura in “An die Freude” (Alla gioia), prima di diventare il finale possente, corale e liberatorio della Nona sinfonia in Re minore, Op. 125 di Ludwig Van Beethoven. L’opera scelta per l’inaugurazione del Nuovo Teatro Petruzzelli. L’inno famoso celebra oggi la gioia, l’orgoglio e le speranze, non solo della città di Bari, per la rinascita di un tale raffinato scrigno d’arte e di bellezza.
 
Una bellezza travolgente che rasserena gli animi e rende ognuno immediatamente compiaciuto, nel lasciarsi abbracciare dalla ritrovata luminosità del Politeama. Un teatro alleggerito dalle moquette e dai velluti impolverati, fedele nel recupero dei decori, ma decisamente più moderno nella macchina organizzativa e nei sistemi di sicurezza. Ed ora ansioso di ritrovare un pubblico adeguato. Ma anche pronto a riprenderlo per mano, per riportarlo a una familiarità con la musica, piuttosto affievolita nei diciotto lunghi anni di assordante silenzio (tutti fuori tempo gli applausi tra i movimenti sinfonici).
 
Gli occhi lucidi e la voce spezzata del sindaco Michele Emiliano (la riapertura del Petruzzelli è prova di ritrovata vitalità della legalità), quelli del presidente della Regione, Nichi Vendola (questo monumento alla tenacia è l’orgoglio di un Sud che si racconta anche attraverso le buone notizie), nonché la silenziosa commozione del Sovrintendente della Fondazione Petruzzelli, Giandomenico Vaccari, hanno portato nel teatro l’intensa emozione popolare “al chiar di luna”. Palpabile attorno al maxischermo di piazza Sordi, scalfendo l’evidente atmosfera  formale della serata.
 
Il realismo del presidente della Provincia, Francesco Schittulli (da domani affrontiamo, con altrettanta decisione, la quotidianità dei problemi relativi) e poi l’ecumenica e apprezzata benedizione governativa di Gianni Letta, (non è stato facile arrivare a questa serata, ma il vostro Petruzzelli è la prima risposta all’appello alla concordia, e ad una rinnovata attenzione verso il Sud, del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano), hanno fatto da corollario al suggestivo rapimento della innovativa proiezione sulla volta della cupola.
 
Per qualche attimo le fiamme hanno ricominciato a bruciare, minacciose, sulle note fatali della Norma. Ma subito hanno lasciato spazio prima ad un cielo stellato, ricco di sogni, di speranze e di futuro, e dopo al succedersi di frammenti d’immagini cromatiche, che lentamente si sono composte nella riproposizione virtuale degli affreschi di Raffaele Armenise. Persi nel rogo maledetto di quella sciagurata notte d’ottobre 1991.
 
Poi, è stata la musica a raccontare i controversi diciotto anni tra il vecchio e il nuovo Petruzzelli. Non sappiamo quanto consapevole sia stata la scelta della Nona sinfonia, ma il succedersi dei suoi movimenti sembrava confezionato sugli eventi. A cominciare dal primo tempo venato di grandiosità e potenza drammatica, durante il quale l’angoscia delle fiamme distruttrici, e la vergogna impotente dei giorni successivi, rivivono nel ricordo collettivo lontano ma indelebile.
 
E così, nota dopo nota, si succedono i faticosi tentativi d’inizio lavori, i veti incrociati, le imboscate giudiziarie e le lungaggini amministrative. La spartizione “vivace” delle vesti e la profanazione commerciale del tempio. L’esasperazione, lo sconforto e lo “scherzo” disinvolto di un accordo inverosimilmente oneroso. La svolta dell’esproprio, il commissario e la ripresa decisiva dei lavori al ritmo martellante dei timpani, alla cadenza artigianale degli ottoni e dei legni, nonché all’amorevole e certosina abilità decorativa degli archi. A guidarli il metronomo luminoso di piazza del Ferrarese.
 
Fino alla gioia soffocata a S. Nicola e poi finalmente liberata a S. Francesco, per dare il più corale ed orchestrale “bentornato” all’amato e ritrovato Nuovo Teatro Petruzzelli. Accompagnati da un narratore energico ed espressivo, come il maestro Fabio Mastarngelo. A lungo esule in quel di Pietroburgo che, per rimanere in tema shilleriano, è barese doc nato nel quartiere Libertà.
di Antonio V. Gelormini

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