Il 23 agosto scorso ho avuto l’onore ed il piacere di partecipare a Torremaggiore (FG) al Sacco & Vanzetti Memorial Day su invito dell’associazione Sacco & Vanzetti (www.saccoevanzetti.org), che ancora pubblicamente ringrazio per aver organizzato, nuovamente, un evento tanto importante ed indispensabile affinche’ la memoria venga tenuta viva, considerando – ed il momento che stiamo vivendo lo dimostra – che il genere umano purtroppo non impara dalla storia, troppo in fretta dimentica cio’ che e’ stato e non vede cio’ che e’ ancora.
Oltre a me, come rappresentante della Coalizione Italiana contro la Pena di Morte Onlus, erano presenti la nipote di Nicola Sacco, Fernanda, Matteo Marolla, Presidente dell’associazione stessa, l’On. Antonio di Pietro che con l’occasione ha inaugurato la locale sede dell’IdV, Michele Rizzi, coordinatore regionale del PdAC, Mimmo Gioia e Teresa Marcone (figlia di Francesco Marcone) di LIBERA, Cesare Sangalli di Amnesty International, e con testimonianza video, Roberto Malini del Gruppo EveryOne.
Tantissimi i presenti, una grande folla che riempiva la piazza ed ascoltava in silenzio i relatori, guardando le immagini che scorrevano sul grande schermo.
L’evento, come intuibile dal nome, viene organizzato ogni anno per commemorare i nostri connazionali Sacco & Vanzetti condannati a morte in seguito ad una abile montatura e giustiziati in Massachusetts il 23 agosto del 1927. Chi erano lo sappiamo tutti: due operai anarchici, giustamente ribelli, presi di mira – in quell’epoca di furore anticomunista, all’indomani della Rivoluzione d’Ottobre – perche’ immigrati italiani e perche’ attivisti in difesa della classe operaia. Unicamente colpevoli, insomma, di voler praticare il proprio pensiero e di voler vivere in modo coerente, difendendo le proprie idee. Martiri, quindi, di una giustizia profondamente ingiusta, xenofoba e razzista, vittime dell’inaccettabile pena capitale, dopo anni di agonia trascorsi in un orrendo braccio della morte istituito da un governo cosiddetto democratico.
Casi simili, nell’America di oggi, ce ne sono ancora. Chi non conosce, infatti, quello del giornalista nero Mumia Abu Jamal (per saperne di piu’: www.freemumia.com), condannato a morte ed ancora rinchiuso – da innocente – in uno dei bracci della morte della Pennsylvania? Ma senza spostarci dall’altra parte dell’oceano, pensiamo a quanto accade ogni giorno nel nostro Paese, l’Italia, dove per fortuna non e’ prevista dal nostro Ordinamento la pena di morte (anche se qualcuno ogni tanto ne parla….. e se si arrivasse a cambiare la Costituzione, addirittura potrebbe diventare possibile reintrodurla anche da noi!) e dove, quindi, non e’ possibile arrivare ad eliminare fisicamente chi non ci sta bene, ma dove, ahinoi, un numero impressionante di persone e’ sottoposto ogni giorno ad ogni genere di pregiudizi, ad una intollerabile intolleranza, a disgustosi fenomeni di razzismo. Cioe’ ad una sorta di pena di morte, una morte sociale, che impedisce ad altri esseri umani, ad altri immigrati – come lo erano Sacco & Vanzetti – di vivere dignitosamente in un Paese che non e’ il loro. Spesso perche’ privi di quel documento – il Permesso di Soggiorno – che attesta la loro esistenza, ma il piu’ delle volte semplicemente perche’ "diversi". Quanti i luoghi comuni, ahinoi! "I negri puzzano, non hanno voglia di lavorare" (nell’America del XX Secolo lo si diceva degli italiani). "Sono incivili e quelli che vengono qui sono ignoranti" (invece, gli immigrati, regolari o no, hanno un titolo di studio uguale o superiore alla media dei lavoratori italiani). "Rubano il lavoro agli italiani" (invece, il 72% dei lavoratori stranieri e’ personale non qualificato e fa lavori manuali che gli italiani, purtroppo, non sono piu’ disposti a fare…. Non era forse così anche in passato, quando in altri Paesi del mondo eravamo NOI i "diversi"?). "Meno immigrati, meno criminali" (tristissima frase, falsa, diventata famosa perche’ pronunciata dal premier Berlusconi nel gennaio del 2010, peraltro smentita da studi ufficiali sia di Banca d’Italia che Istat).
Potrei andare avanti per ore, ma scelgo di fermarmi qui, in quanto il concetto mi sembra chiaro.
Potrei andare avanti per ore, ma scelgo di fermarmi qui, in quanto il concetto mi sembra chiaro.
Non a caso quest’anno l’associazione Sacco & Vanzetti ha dedicato la veglia a Faith Aiworo, un’immigrata nigeriana "clandestina", fuggita dal proprio Paese in quanto passibile di pena capitale per aver accidentalmente ucciso il suo stupratore e – nonostante il rischio di pena di morte – rimandata in Nigeria dal nostro governo il luglio scorso per non aver ottemperato a due decreti di espulsione! E poco importa, al nostro governo, se esistono leggi, italiane ed internazionali, che vietano il rimpatrio di chi rischia una condanna capitale. Come, ad esempio, l’art. 19, comma 2°, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che testualmente recita: "Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti".
Il caso di Faith non e’ che un esempio dell’orrore di oggi, uguale a quello di ieri. Della prevaricazione dell’uomo sull’uomo. Dell’oppressione in ogni sua forma. Cio’ contro cui Sacco e Vanzetti si erano schierati e per cui sono morti.
Ho sentito di critiche recenti mosse a quest’ultimo Memorial Day, soprattutto per la presenza dell’On. Di Pietro, considerata da qualcuno inopportuna. Ognuno, ci mancherebbe, e’ libero di avere ed esprimere la propria opinione. Desidero tuttavia dire, perche’ presente all’evento in qualita’ di relatrice e Presidente di un’associazione senza scopo di lucro totalmente apolitica ed apartitica, che da anni si occupa di diritti umani, che – appunto – si e’ parlato unicamente di diritti umani. Ogni relatore ha espresso in assoluta liberta’ il proprio pensiero in relazione al tema, in base alle proprie esperienze specifiche, soprattutto esperienze di vita vissuta. Non vi e’ stata strumentalizzazione politica. Nello specifico, l’On. Di Pietro – da ex magistrato – ha espresso il proprio parere assolutamente contrario alla pena capitale, sottolineando l’importanza – che sottoscrivo – del processo equo, inteso come fondamentale diritto dell’uomo riconosciuto come tale in ogni ordinamento in essere in uno Stato di diritto e sancito, fra l’altro, dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Quel processo equo, tanto per intenderci, che fu negato a Sacco e Vanzetti nonostante quanto previsto dal Sesto Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America.
Ho personalmente apprezzato ogni singolo intervento fatto ed ogni contributo dato, dal primo all’ultimo momento dell’evento. E, come ho gia’ avuto modo di dire direttamente agli organizzatori, ho notato nei membri di questa piccola ma importantissima associazione, una passione ed una sete di giustizia che sono purtroppo diventate merce rara ai giorni nostri. Ho sentito nel profondo – all’inizio del convegno, durante lo stesso, mentre si suonava musica, si leggevano poesie, si camminava con le fiaccole verso il cimitero – una partecipazione vera ed una condivisione che da tempo non sentivo.
Grazie, quindi, a chi ha fatto in modo che l’evento venisse realizzato, a chi c’era e a chi ogni giorno, dietro o davanti le quinte, opera in difesa dei diritti dell’uomo e contribuisce, in ogni modo, a tenere viva la memoria affinche’ quanto accaduto allora e quanto accade ancora oggi possa, finalmente, non accadere piu’ in futuro.
Arianna Ballotta
Presidente
Coalizione Italiana contro la Pena di Morte Onlus
Presidente
Coalizione Italiana contro la Pena di Morte Onlus