Roma – Il ruolo dell’Europa e dell’Italia nel contesto del Mediterraneo è al centro del Forum organizzato da EY a Roma il 9 e 10 febbraio 2017, durante il quale è stato presentato il Report BaroMed realizzato da EY per l’occasione.
L’evoluzione geopolitica internazionale, con la ricerca di un nuovo equilibrio fra Usa, Russia, Europa e Cina porta ad una riflessione chiara e diretta sul ruolo dell’Europa in una possibile prospettiva di crescita economica. In questo nuovo scenario, il Mediterraneo, attorno al quale si produce il 13,7% del PIL mondiale, sta recuperando una nuova e non scontata centralità. Nel 2015 l’area euro-mediterranea ha registrato il miglior afflusso di investimenti diretti esteri dal 2008. L’importo totale di questi nei 28 Paesi della regione tra il 2011 e il 2015 è stato di 771 miliardi di dollari. I progetti di investimento – pur di dimensioni più piccole rispetto al passato – sono aumentati dello 0,5% tra il 2011 e il 2015. Le potenzialità di sviluppo dell’area sono notevoli nonostante il contesto di instabilità geopolitica. In Nordafrica gli investimenti da parte di imprese estere sono cresciuti di oltre il 50% fra il 2011 e il 2015 e fra questi gli investimenti in progetti greenfield sono aumentati dell’83%. Si tratta di investimenti high tech e in settori chiave per l’Italia come l’automotive.
L’Italia si posiziona nella parte bassa della classifica rispetto ai grandi Paesi. La distanza tra l’Italia e USA, Germania, Regno Unito e Francia rimane importante, sia per quanto riguarda le fusioni e acquisizioni di aziende locali (solo 2,6% la percentuale di progetti italiani, rispetto al 10,5% del Regno Unito e al 7,9% della Germania) sia per gli investimenti greenfield nell’area. Tra il 2013 e il 2015 quelli americani hanno rappresentato il 21,8% degli investimenti greenfield nell’area, quelli tedeschi il 13%, quelli italiani solo il 3,2%.
Come dichiara Donato Iacovone, AD di EY in Italia e Managing Partner per l’area euromediterranea, “Nonostante l’instabilità geopolitica del contesto europeo, mediterraneo e mediorientale, gli investimenti continuano a crescere. Anche se rimane la preoccupazione degli operatori, è evidente che la fiducia nelle prospettive di medio termine è più forte. Ci sono una serie di fattori da considerare. La crisi petrolifera ha portato Paesi come gli Emirati Arabi a diversificare l’attrazione di investimenti, ad esempio nei settori immobiliare, lusso e agrifood, creando ottime opportunità per le imprese italiane. Il Nordafrica, analizzando i dati sugli investimenti diretti esteri, ha visto crescere il tasso di scolarizzazione e rappresenta un contesto di sviluppo per l’innovazione tecnologica. In tutto questo l’Italia gode di un vantaggio logistico impareggiabile rispetto agli altri grandi Paesi industriali, essendo il vero hub del Mediterraneo. Cosa può fare il nostro Paese per sfruttare queste opportunità? Innanzitutto sviluppare una nuova politica industriale 4.0 assieme a Francia e Germania, nel solco di quanto ribadito recentemente dal Premier Gentiloni e dalla cancelliera tedesca Merkel al recente Forum economico italo-tedesco, giocando in più il ruolo di piattaforma mediterranea. Tra le priorità possiamo indicare la capacità di guidare gli investimenti high tech nei Paesi in via di sviluppo e cogliere le nuove opportunità generate dai mercati dei Paesi del Golfo, che rappresentano a loro volta il centro di sviluppo commerciale e industriale per tutta l’area Asia-Pacifico”.
Dal report emerge che gli investitori intervistati hanno individuato sei driver principali per aumentare l’attrattività dell’area mediterraneo-mediorientale:
Stabilità e sicurezza: il 46 % dei manager globali intervistati da EY nel 2015, la ritengono una priorità per lo sviluppo degli investimenti.
Digitalizzazione: è un driver fondamentale non solo per lo sviluppo interno europeo. Per quanto riguarda le opportunità per l’innovazione hi-tech, Marocco, Tunisia ed Egitto, ad esempio, sono state per lungo tempo le mete preferite per l’outsourcing IT.
Infrastrutture e logistica: è uno degli ambiti più interessanti di investimento, il 14% fra le voci di investimento nell’Europa mediterranea, il 22% nell’area Balcani-Turchia, il 26% in Nordafrica e il 25% in Medioriente, per una media del 22% degli investimenti in tutta l’area mediterranea (il 21% nei Paesi del Golfo, al secondo posto dopo l’oil & gas).
Efficienza energetica: con una media di 50 dollari al barile come prezzo del petrolio, le operazioni di M&A nel settore sono crollate del 45% fra il 2011 e il 2015. Si impone quindi uno sviluppo complementare di nuove fonti energetiche, nel segno di una maggiore efficienza.
Finanziamento per la crescita: lo sviluppo del settore creditizio deve andare di pari passo col sostegno e lo sviluppo delle politiche industriali e degli investimenti in tutta l’area.
Sviluppo dei talenti e delle competenze: fra il 2000 e il 2010, secondo la Banca Mondiale, in Nordafrica e Medioriente è cresciuto molto il tasso di educazione primaria (dall’86% al 94%) e secondaria (dal 62% al 70%): questo rappresenta una garanzia in termini di professionalità sempre più qualificate.
La nota più interessante è rappresentata dal fatto che gli investimenti high tech rappresentano il terzo settore dell’economia euromediterranea in termini di progetti greenfield e il secondo settore in termini di M&A. Tre Paesi si distinguono in termini di sviluppo del software: Israele, Francia e Spagna. Tra questi, i finanziamenti pubblici e privati per ricerca e sviluppo, l’accesso al capitale di rischio e la formazione hanno trasformato il digitale in un fattore di sviluppo economico primario. I miglioramenti della qualità dell’istruzione e delle infrastrutture di telecomunicazioni hanno aiutato la regione a diventare più attraente per un crescente numero di aziende tecnologiche. Israele è diventato un digital hub primario, soprattutto per startup e imprese impegnate nella cybersecurity.
Commenta Uschi Schreiber, Global Vice Chair of Gloabl Accounts Committee, EY: “Nell’economia Globale di oggi in continua evoluzione, la regione Mediterranea offre grandi potenzialità di sviluppo economico. Gli investimenti in settori chiave quali tecnologia, innovazione e infrastrutture alimenterà la crescita in tutta l’area. Come nel resto del mondo, è necessario saper rispondere ai megatrend del 21° secolo”.
“Viviamo in un’epoca di innovazione accelerata in cui le tecnologie offrono un grande potenziale sia alle aziende che alle persone. Nell’area Mediterranea – ha aggiunto Carmine Di Sibio, Global Managing Partner – Client Service di EY – il digitale può non solo generare crescita ma anche rispondere a bisogni sociali urgenti e guidare lo sviluppo economico.”
Infine, ciò che emerge dall’analisi BaroMed sviluppata da EY è che le prospettive di stabilizzazione di lungo termine abbiano avuto la meglio sull’incertezza politica ed economica che regna attualmente nella regione.
“Una considerazione va fatta a questo punto – conclude Donato Iacovone – sulle dinamiche demografiche e sociali e sul fenomeno migratorio tuttora irrisolto. A tale proposito, non vi è una vera politica europea che affronti il tema in modo sistemico: la crescita degli investimenti nelle aree difficili è il modo migliore per fare sì che alla mobilità dei capitali segua una mobilità di persone non dettata da disperazione, ma dalla ricerca di nuove opportunità di vita e di crescita. Occorre, in sintesi, superare la dimensione emergenziale del fenomeno migratorio. L’immigrazione è una risorsa potenziale e come tale occorre valorizzarla. È pertanto necessario adottare un approccio razionale orientato a identificare gli obiettivi di medio e lungo termine, le politiche da attivare per il loro raggiungimento e i mezzi concreti per la loro attuazione.”