Faccio il comunicatore in molti casi, il giornalista in molti altri. Mi capita quindi di ricevere notizie che riguardano agitazioni sindacali, chiusure di aziende, assicurazioni che disdicono contratti unilateralmente in aree molto vaste del sud, tassi altissimi bancari rispetto ad altre aree del Paese. E ancora: aziende che prendono i soldi per lo sviluppo del mezzogiorno e non appena questi soldi finiscono spariscono, dismissioni di servizi e infrastrutture, difficoltà nelle comunicazioni e nelle telecomunicazioni e tanto ancora.
In realtà non voglio parlare di questo, voglio parlare però di un processo che si deve per forza di cose innescare se si vuole fare “Grande il Sud”. Sia pure nell’era della globalizzazione e dei colossi della finanza e degli scambi commerciali planetari c’è bisogno di invertire due tendenze:
- La finanza, le banche, le assicurazioni, che devono sostenere l’economia del sud devono essere del sud. I soldi, per quanto possibile, devono essere lasciati in banche del sud (ad esempio le casse rurali locali, alcune banche popolari). Non sono qui a fare lo spot a nessuno, ma se una banca, che è a tutti gli effetti un’impresa lavora per crescere e svilupparsi al sud deve credere nel sud, deve credere nei suoi clienti. Dove sta oggi il rapporto di fiducia se le banche praticano interessi e contrattualistica differenziata per le regioni meridionali ? E’ vero, da noi le “sofferenze” sono maggiori, ma è anche vero che ciò che le banche concedono alle imprese non è conveniente per le imprese stesse. Con quei tassi, con quella contrattualistica il sud non può essere competitivo. E allora ? E allora bisogna trovare chi è disposto a scommettere sul serio sul sud e studiarsi tutti gli strumenti necessari per controllare e ridurre le frodi al minimo. Ma quanti miliardi sono solo passati nominalmente al sud per finire poi da altre parti ? Cambiamo argomento ? E’ possibile che per un certo numero, sia pur cospicuo, di truffatori del sud tutti gli automobilisti del sud si vedono delle polizze dai prezzi esorbitanti o addirittura delle disdette unilaterali, da parte delle assicurazioni, assolutamente ingiustificabili ? Come si costruisce così la competitività ?
- E’ necessario, inoltre, che le aziende che producono al sud, salvo le dovute e assolutamente inevitabili eccezioni, abbiano non solo il braccio produttivo al sud, ma anche la “testa” cioè la proprietà e il management. Fino a quando giù al sud vengono collocate le sole unità produttive, sicuramente non sarà possibile ipotizzare uno sviluppo vero. Lo sviluppo non si costruisce solo sulle braccia, sia pure capaci e preziose, si costruisce sulla identità del sistema produttivo. Le aziende quindi devono essere a tutti gli effetti meridionali.
In pratica, fino a quando il sistema produttivo e finanziario non avrà una sua “identità meridionale”, sicuramente sarà difficile ottenere grandi risultati.
Se i capitali sono altrove sarà difficile pensare ad investimenti, se non ad investimenti indotti dagli aiuti di stato. Gli aiuti di stato, o meglio i finanziamenti e le forme di sostegno allo sviluppo, non servono a nulla se non vanno a costruire e ricostituire “quell’identità dell’economia meridionale”, forse smarrita 150 anni fa, ma certamente da ricercare. Quello che si deve cercare non è certamente un’economia autarchica del sud, ma un’economia forte e in grado di competere con le altre senza complessi di inferiorità.
Per non avere complessi di inferiorità bisogna essere in possesso di tutti gli strumenti per competere, altrimenti si fa un po’ come quei ragazzini che, legati al pallone di proprietà del compagno, sono costretti a giocare alle sue regole per paura che vada via con tutto il pallone.