Quello che sta avvenendo da un po’ di tempo e che colpisce l’Italia, in particolare, da venerdì scorso, è il risultato dell’esasperazione dell’economia portata a dipendere più dalla finanza che da quello che riesce a produrre.
Se la finanza è stata ed è indispensabile nel finanziare imprese, idee di progetto, stati, investimenti, con il passare del tempo ha cominciato a vivere per sè stessa, cioè a finanziare non attività produttive, ma titoli, a gonfiare valutazioni di progetti dietro i quali non si celava nulla.
Si è cominciato a finanziare la carta straccia. Per fare ciò si è cominciato anche a coinvolgere e finanziare agenzie di rating che, se in un primo momento hanno effettivamente valutato le imprese e gli stati dai loro conti e bilanci, con il tempo hanno cominciato a preferire il gioco del mercato fine a sé stesso.
In pratica hanno capito che una loro valutazione poteva e può mettere in moto reazioni a catena.
Il mercato oggi non acquista prodotti, ma sensazioni. Il problema è che molto spesso le sensazioni si fermano al “profumo” e non arrivano quasi mai all’arrosto. In pratica si acquista il profumo dell’arrosto.
Quello che lascia perplessi, se in tutti questi anni ci hanno raccontato la verità, è come possa un paese manufatturiero come il nostro essere finito nel bel mezzo della speculazione. Un Paese nel quale le famiglie hanno un capitale accantonato superiore al debito pubblico e dove, pare, salvo alcune eccezioni le banche hanno avuto una politica più accorta delle altre banche europee.
Certo il debito pubblico è quello che è, e non accenna a diminuire, anche perché i politici non danno alcun segnale di volerlo fare concretamente (vedi esempio abolizione delle province).
E allora ? Se tutti i dati di solidità che ogni giorno ci propinano sono veri e comunque imbarchiamo acqua c’è una sola risposta possibile:
Siamo schiavi della finanza… e dei suoi burattinai
di Michele Dell’Edera
http://www.micheledelledera.it