Per le imprese in rete, crescita superiore rispetto alla media dello scorso quadriennio.

Il 65% delle realtà analizzate registra un incremento dei ricavi

 

Roma – A 14 anni dalla sua introduzione, il contratto di rete continua il suo percorso di crescita e diffusione. Nello scorso quadriennio, 2019-2022, le reti sono cresciute del 40,5%. Solo nell’ultimo anno i contratti di rete sono aumentati del 10% (+751 rispetto al 2021) e le imprese in rete del 6,7% (+2.846 rispetto al 2021), nonostante la turbolenza del quadro economico e internazionale.

Dai dati elaborati da InfoCamere sulla base del Registro delle Imprese delle Camere di commercio,      al 1° marzo 2023 emerge che il numero totale di imprese coinvolte in progetti di collaborazione è di 45.288 per 8.382 contratti registrati.

Le evidenze dell’Osservatorio Nazionale sulle Reti d’Impresa 2022 – curato da InfoCamere, RetImpresa e dal Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia – confermano la crescita delle imprese in rete e delle reti sul piano dei risultati economico-finanziari e del potenziamento delle capacità organizzative e gestionali delle aziende coinvolte, facendo emergere caratteristiche, punti di forza e opportunità derivanti dall’evoluzione dell’esperienza collaborativa in Italia.

La forza delle Micro-reti

Anche per il 2022 si conferma il consolidamento delle micro-reti con 2-3 imprese, che rappresentano il 52% del totale, e il prevalere delle reti regionali (71,6%) e uniprovinciali (50,9%) con un leggero incremento delle reti interregionali (+4%).

Le microimprese in rete (fino a 9 addetti) occupano oltre 69mila lavoratori (5%), mentre le piccole imprese (10-49 addetti) concentrano quasi 189mila lavoratori (13,7%). Il maggior volume occupazionale è assorbito dalle medie e grandi imprese, che pur essendo un numero minore (quasi 3.240) danno lavoro a 1,1 milioni di lavoratori (81% del totale). È il Nord ovest ad assorbire il maggior numero di addetti (quasi un terzo), in ragione della più elevata diffusione di medie e grandi imprese, seguito dal Centro, dove si concentrano quasi il 31% degli addetti. Un quinto dell’occupazione lavora nelle regioni del Nord est, mentre il restante 13% trova lavoro nel Mezzogiorno.

La geografia delle reti

A registrare la concentrazione più elevata di imprese retiste sono le regioni del Centro (35%). Nelle regioni del Sud operano quasi il 26% delle imprese retiste, mentre il 21% si colloca nelle regioni del Nord est. Il restante 18% si concentra nel Nord ovest.

I dati mostrano inoltre una spiccata vocazione per l’agroalimentare sia tra le realtà imprenditoriali in rete del Mezzogiorno (28,5%) che del Nord est (24,8%), mentre nelle regioni del Centro è il commercio a prevalere su tutti gli altri settori (19,8%). L’edilizia raggiunge un’incidenza piuttosto marcata tra le imprese del Nord (15,6%), mentre le aziende del Centro e del Mezzogiorno propendono maggiormente per i servizi turistici (12,8% e 10,2% rispettivamente).

I numeri dei bilanci

Analizzando i bilanci relativi al 2021 (gli ultimi disponibili) depositati dalle imprese retiste, l     ’Osservatorio ha riscontrato una crescita dei risultati economico-finanziari delle imprese in rete superiori rispetto alla media del quadriennio precedente (2017-2020). Complessivamente, oltre il 65% delle imprese analizzate ha registrato un incremento dei ricavi, del valore aggiunto e del valore delle immobilizzazioni. Distinguendo per macroaree, il Nord ovest registra la maggior percentuale di imprese che hanno realizzato un miglioramento di ricavi (69%) e valore aggiunto (72%), mentre Sud e Isole si nota la percentuale più alta di imprese che hanno migliorato la misura delle immobilizzazioni rispetto al passato (64%). Analizzando gli indici di redditività (ROI, ROS, ROA, ROE) negli stessi anni Il 56% delle imprese retiste ha sperimentato un miglioramento dei quattro indicatori. La macroarea Sud e Isole è quella con le percentuali più alte di imprese che hanno registrato un miglioramento di tutti e quattro gli indicatori.

L’innovazione si fa strada in rete

Le reti rappresentano una forma di collaborazione efficace anche per l’innovazione. Rispetto alla performance legata alla capacità della rete di sviluppare nuovi prodotti e servizi, il focus di questa edizione dell’Osservatorio ha esplorato l’adozione di logiche di open innovation nelle reti. Il primo risultato che emerge dall’analisi è che più aumenta il numero e l’importanza delle relazioni per l’open innovation che si instaurano tra la rete e i suoi partner esterni (fornitori, concorrenti, università, centri di ricerca pubblici e privati, ecc.) più cresce il numero di innovazioni introdotte dalla rete.

Le reti possono inoltre essere strumento di coordinamento e governance. Come noto, la storica frammentazione delle catene del valore nazionali costituisce un limite strutturale e strategico soprattutto quando aumentano turbolenza e incertezza dell’ambiente competitivo. Per questa ragione, l’Osservatorio 2022 ha approfondito il ruolo dei contratti di rete per il coordinamento delle filiere, evidenziando come le reti che nascono e danno forma alle relazioni tra imprese nell’ambito delle filiere produttive nazionali siano idonee a creare sviluppo e valore per PMI e territori, ad attivare dinamiche volte a rendere il network più solido e organizzato, a migliorare le performance singole e aggregate, consentendo di mettere a fattor comune investimenti e risorse complementari. Questi aspetti peculiari del contratto di rete portano a considerare le reti come strumento idoneo ad affrontare il tema dell’evoluzione e della crescita delle filiere sotto molteplici profili (organizzativo e di governance, finanziario/fiscale, lavoristico, tecnologico, economico/valoriale, ecc.).

Reti e lavoro: cresce l’attenzione alla codatorialità

Nella direzione di un’ottimizzazione delle risorse condivise nonché di un rafforzamento organizzativo va anche l’introduzione dell’istituto della codatorialità, che l’Osservatorio analizza per sensibilizzare imprenditori e policy maker sulle potenzialità di questo nuovo strumento lavoristico, operativo da poco più di un anno. Infatti, la codatorialità mette a disposizione delle imprese in rete la possibilità di assumere insieme personale qualificato, dotato delle competenze tecniche e manageriali necessarie ad affrontare le sfide della transizione verde e digitale e, quindi, a raggiungere obiettivi di maggiore competitività ed efficienza nella gestione dei network collaborativi, anche in periodi di incertezza e recessione. I primi dati disponibili sui rapporti di lavoro attivati in regime di codatorialità evidenziano la presenza di 1.416 imprese in posizione di co-datori all’interno di 264 contratti di rete.