Rallenta l’avanzata dell’export italiano in extra-UE rispetto ai mesi precedenti: +16,5% l’incremento tendenziale a marzo 2011, a fronte del +21,2% e del +35,3% rispettivamente di febbraio e gennaio 2011. Ciononostante, nel primo trimestre dell’anno le esportazioni aumentano di circa un quarto (+23,0%), raggiungendo il valore di 37,7 miliardi di euro. Basti pensare, inoltre, che il dato di marzo (14,4 miliardi) supera il valore medio delle vendite di prodotti italiani in Extra-UE del periodo pre-crisi (gennaio-luglio 2008), pari a circa 13 miliardi.
“I dati di oggi sono un’ulteriore conferma rispetto alla settimana scorsa dell’importanza di essere cauti nell’adozione di politiche monetarie restrittive che possono ulteriormente favorire l’apprezzamento dell’euro, visto anche il clima di incertezza legato alla stabilizzazione del debito negli Stati Uniti”, afferma Gaetano Fausto Esposito, Segretario Generale di Assocamerestero, dopo la pubblicazione dei dati Istat.
Nei primi due mesi del 2011 l’Italia riconquista la posizione di secondo esportatore della zona euro al di fuori dell’Unione, con un valore dell’export pari a 27 miliardi di euro, mentre la Francia si attesta a 26,5 miliardi.
In particolare, in alcuni Paesi come la Cina, diventato nostro terzo mercato di sbocco in ambito extra-europeo, le esportazioni di inizio 2011 non solo hanno segnato un recupero ma addirittura un superamento dei valori medi pre-crisi: per la Cina nei primi tre mesi dell’anno le vendite raggiungono infatti i 2,4 miliardi di euro, contro il valore medio di circa 560 milioni nel periodo antecedente ai primi segnali di rallentamento dell’economia (gennaio-luglio 2008).
“Si conferma il progressivo spostamento delle imprese italiane verso i Paesi che stanno trainando la ripresa mondiale, tendenza, questa, che già nel 2010 aveva portato al 70% il contributo dei Paesi extra-europei al surplus Made in Italy. – prosegue Esposito – Cambia dunque il volto dell’export italiano in quest’Area: nel primo trimestre 2011, il ritmo di crescita su base annua delle vendite di beni strumentali e intermedi (+21,5% e +24,5%) è infatti più sostenuto di quello dei beni di consumo (+20,4%), a testimonianza del processo di riorganizzazione e riposizionamento produttivo delle imprese italiane, che grazie a questa componente possono trarre un forte impulso dalla ripresa della crescita in primo luogo sui mercati “lontani”.