I giornali? Finiranno come il Titanic. A lanciare l\’allarme è Arthur Sulzberger, editore del \’New York Times\’, che ha annunciato nei giorni scorsi il licenziamento di altri 100 giornalisti dopo il drastico ridimensionamento del personale già attuato lo scorso anno. Sulzberger non prefigura però la \’morte\’ del giornalismo ma una sua radicale trasformazione al passo con le nuove tecnologie. \’\’L\’editoria – sottolinea – è nel bel mezzo di una massiccia transizione. Dobbiamo reinventare il mestiere del giornalismo. Il modo in cui la gente s\’informa oggi sta cambiando, ma il bisogno di informare resta costante\’\’.
\’\’La migliore analogia che mi viene in mente è quella del Titanic – spiega -: se anche fosse approdato sano e salvo nel porto di New York senza urtare l\’iceberg il suo destino sarebbe stato comunque segnato perché dodici anni prima i fratelli Wright avevano inventato l\’aeroplano\’\’.
\’\’Noi – continua Sulzberger insistendo sulla metafora del transatlantico affondato – stiamo tentando di convertire le industrie navali in industrie di aviazione. Il business è lo stesso: trasportare persone attraverso lunghe distanze in sicurezza. Certo – sottolinea -, cambia il costo delle strutture, il modo di fare affari, ma l\’obiettivo resta lo stesso. Le navi esistono ancora, solo che invece di trasportare quantità massicce di viaggiatori attraverso l\’Atlantico portano le famiglie alle Seychelles\’\’.
Secondo l\’editore del NYTimes i new media stanno rivoluzionando il business dell\’informazione imponendo un nuovo modello e finiranno per relegare la stampa tradizionale a un ruolo di nicchia. \’\’Le navi passeggeri ci sono ancora, ma non svolgono più la stessa funzione di prima. Allo stesso modo – conclude – io penso che i giornali a stampa esisteranno ancora per decenni ma non saranno più il veicolo principale delle notizie\’\’.
Commentando il grido d\’allarme che giunge dagli Usa, l\’amministratore delegato della Poligrafici editoriale, Andrea Riffeser sottolinea all\’ADNKRONOS: \’\’Noi in Italia non siamo sul Titanic\’\’. \’\’Io sono fiducioso sul futuro dei giornali – spiega l\’editore del \’Giorno\’, \’il Resto del Carlino\’, \’la Nazione\’, \’QN-Quotidiano nazionale\’ – perché li ritengo strumenti utili che non spariranno mai. Certo bisogna offrire al lettore molta più qualità e ripensare il tipo di notizie da dare: spesso sui giornali compaiono lunghi articoli scritti pensando più ai palazzi del potere che alle esigenze e ai problemi della vita quotidiana con cui il cittadino si confronta\’\’.
Per il direttore di \’Libero\’, Maurizio Belpietro , "ricette facili per uscire dalla crisi della carta stampata non ne ha nessuno. La crisi della pubblicità tocca tutti e non c\’è bacchetta magica che possa risolvere la cosa. L\’unica ricetta vera è fare bene il proprio mestiere, fare inchieste senza guardare in faccia nessuno. Insomma, fare con onestà, pazienza, impegno il lavoro giornalistico che molti giornalisti hanno dimenticato". Secondo Belpietro "bisogna tornare a pensare al lettore. Anche perché se c\’è il lettore arriva anche l\’inserzionista", conclude.
Il presidente e amministratore delegato della società \’il Fatto\’, editore del \’Fatto quotidiano\’, Giorgio Poidomani, spiega che \’\’ il problema è il calo della pubblicità, una voce che prima compensava il calo delle vendite ma che ora non è più in grado di farlo\’\’. \’\’Ben coscienti di questa situazione, al \’Fatto quotidiano\’ abbiamo puntato ad avere costi bassissimi, scegliendo di non essere presenti in tutte le edicole, di chiudere alle 9 di sera, di uscire solo 6 giorni su 7\’\’. Una politica che fin qui ha prodotto \’\’una situazione molto positiva\’\’, commenta il presidente della società.
Infine, secondo il direttore di \’A\’ Maria Latella la risposta della carta stampata alla crisi deve essere quella di \’\’declinare il \’brand\’ della testata in vari modi, su diversi media\’\’. \’\’Noi lo stiamo facendo anche con \’A\’ – spiega -: abbiamo un blog su internet ma anche la trasmissione di cui mi occupo su Lei Tv è in stretto collegamento col settimanale. Ma perché il \’brand\’ di questa o quella testata diventi o continui a rappresentare una garanzia per il lettore, su carta piuttosto che su internet o su altri media, bisogna investire sulla qualità e sull\’autorevolezza".
(da Capitanata.it – Fonte Adnkronos)