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L’aver legato i destini del Paese all’impalpabile scelta energetica del gas, una risorsa che non solo noi, ma l’Europa intera importa per oltre il 60% del fabbisogno, ha rappresentato “l’ardire” di affidare concretamente nelle mani di altri la prospettiva e il tipo di futuro immaginabile per le nostre comunità, in generale, e per ognuno di noi in particolare.
La conferma per il via libera al gasdotto Galsi, che dal 2012 assicurerà qualcosa come 8 miliardi di metri cubi all’anno di gas dall’Algeria, aiuta senz’altro a tenere su il morale di quell’equilibrista, ma di certo non consente di trasformare il fascio di luce in una più comoda passerella o in un solido ponte a più campate.
L’arrivo di questa ingente quantità di gas, prima in Sardegna e poi in Toscana, contribuirà senza dubbio a diversificare con raziocinio le fonti di approvvigionamento, ma rischia di innaffiare il deserto se non sarà accompagnato da un cambiamento di rotta, altrettanto razionale, sul fronte della produzione e dell’utilizzo di energia, per lo sviluppo della nostra economia.
La ricetta Scaroni è semplice e al tempo stesso ambiziosa. Si articola su tre piani, per realizzarla però siamo chiamati tutti in causa. Massimizzare la disponibilità di gas, sviluppare fonti energetiche alternative e risparmiare, risparmiare, risparmiare quanta più energia possibile. In pratica la logica laboriosa delle formiche, abbinata all’aneddoto Zen del chicco di riso (il granello caduto o disperso, da cui possono nascere centomila chicchi).
Un’azione una e trina capace di compensare, almeno in parte, la scelta contraddittoria a suo tempo perseguita dall’intero occidente europeo e non solo. Decenni a combattere il comunismo, per poi consegnare il proprio destino alla Grande Madre Russia. Nonché ai venti minacciosi provocati dalle idrovore asiatiche di Cina e India, destinate a diventare i maggiori consumatori al mondo di energia e i maggiori produttori di anidride carbonica.
di Antonio V. Gelormini