Secondo quanto riportato da uno studio dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) sulla quantità e tipologia dei rifiuti prodotti in Italia, quelli cosiddetti inerti rappresentano la quota più rilevante.
In Italia, pur parlando di stime più che di numeri concreti, la produzione annuale di inerti dovrebbe aggirarsi intorno ai 50 milioni di tonnellate. Ad oggi la quantità di materiale inerte avviato al recupero si attesta intorno al 10% mentre nel resto d’Europa si punta molto di più al recupero che non alla continua ed inconsulta attività estrattiva. Siamo convinti, noi italiani, che estrarre sia ancora più redditizio di recuperare e riutilizzare il materiale di risulta.
Spesso, inoltre, il semplice smaltimento del materiale di risulta proveniente dall’edilizia avviene non attraverso le discariche autorizzate, ma il più delle volte si utilizzano luoghi e discariche abusive o non adeguate a tale scopo.
Spesso, inoltre, il semplice smaltimento del materiale di risulta proveniente dall’edilizia avviene non attraverso le discariche autorizzate, ma il più delle volte si utilizzano luoghi e discariche abusive o non adeguate a tale scopo.
Secondo Legambiente in Italia ci sono circa 6 mila cave in esercizio e quasi 10 mila abbandonate, senza contare che i fianchi delle colline e delle montagne dove si effettua attività estrattiva restano quasi sempre così come vere e proprie cicatrici insanabili che non verranno più restituite al loro aspetto originario.
La regione dove l\’attività estrattiva è maggiore è la Puglia con 25 milioni di metri cubi, seguita, subito a ruota, dalla Lombardia con 23,6 milioni di metri cubi e dal Lazio con 19,2 milioni di metri cubi. Solo tenendo conto del materiale estratto in queste tre regioni si fa fronte alla metà del totale del materiale estratto in Italia.
Addirittura in Puglia non esiste un canone di estrazione e nelle altre regioni lo stesso è molto basso o vicino allo zero.
Mentre in Italia il 90% del fabbisogno in edilizia lo si copre, come detto, con l’attività estrattiva e solo il 10% con il riuso, in Danimarca avviene esattamente l’opposto e questo grazie a una forte politica di tassazione per coloro i quali conferiscono in discarica i rifiuti inerti.
Basterebbe quindi incrementare l\’attività di recupero dei rifiuti inerti per risolvere a monte due problemi fondamentali: l’eccesso di conferimento in discarica e la deturpazione dell’ambiente e del paesaggio.
I rifiuti inerti recuperati, possono essere facilmente riutilizzati, nel settore edile, stradale ed ambientale.
Fanno parte dei rifiuti cosiddetti inerti: il calcestruzzo, il cemento e le malte varie, i conglomerati bituminosi, i mattoni, le tegole, la terra di scavo, il legno, la carta, la cellulosa, il polistirolo, i metalli, la plastica, il gesso, la ceramica, il vetro, l’amianto (materiale tra l’altro di estrema pericolosità) i materiali composti, le vernici, i materiali per isolamento termico e acustico.
Tutti questi materiali diversi per tipologia e possibilità di riutilizzo sono spesso presi, accumulati indistintamente e inviati in discarica. In realtà quasi tutti possono essere idonei al reimpiego nel campo delle costruzioni civili sia come aggregati sciolti sia legati.
Anche se, per il riutilizzo, in Italia, ci sono ancora poche aziende che pensano di investire in questo campo, esistono già aziende che offrono, a chi decide di dedicarsi al riutilizzo dei rifiuti, una consulenza progettuale e gestionale affinché l’impresa che investe lo faccia bene, ottenendo i migliori risultati possibili sia nel servizio di raccolta, recupero e riutilizzo sia nel tenere per l’ambente e il territorio una condotta più attenta e rigorosa possibile. Tra queste interessante è l’esperienza della pugliese Inversa azienda in grado di sostenere a 360° l’attività delle aziende che si occupano di rifiuti e ambiente.