Una vita spesa tra le suggestioni quotidiane della realtà e quelle più evanescenti dei ricordi, del cinema e della letteratura. Passioni smisurate per il jazz americano e le arti figurative, che hanno portato, Paolo Conte, dal suo vibrafono di Asti ai versi pennellati sulle scale di un pentagramma senza tempo. Rese acri dal fumo di un’eterna sigaretta e addolcite, tra un tiro e l’altro, dalla forza ambrata e aromatica di un nostalgico bourbon.
Un viaggio fatto di tableaux intramontabili, dai sottofondi arabescati, melodici e poetici. Talvolta irriverenti, altre liricamente provocatori, scritti magistralmente sulla tastiera binaria di un compagno inseparabile. Spesso per grandi amici in sintonia d’arte e di palcoscenico. “La coppia più bella del mondo” e “Azzurro” (Adriano Celentano), “Insieme a te non ci sto più” (Caterina Caselli), “Tripoli ‘69”(Patty Pravo), “Messico e Nuvole” (Enzo Iannacci), “Genova per noi” e “Onda su Onda” (Bruno Lauzi), solo per citarne alcuni.
Grazie alla Camerata Musicale Barese e al doppio concerto di Paolo Conte (unico appuntamento al Sud), nel cartellone Prestige – 70° anniversario, il Nuovo Teatro Petruzzelli diventa tempio mediterraneo per questo artista-orgoglio nazionale nel mondo, al pari dell’Olympia di Parigi e del Blue Note di New York. E tra i lampioni del lungomare di Bari è come se anche Corto Maltese facesse capolino, per celebrare un appuntamento che la matita di Hugo Pratt non avrebbe certo esitato ad immortalare, tra i pontili dei circoli nautici, i campanili di cattedrali sul mare e i labirinti soleggiati della Città Vecchia.
Nella cornice suggestiva del Politeama barese la poesia lussureggiante di colori, immagini e fantasie, per due sere, si è sinuosamente diffusa tra palchi, poltrone e balconate, abbracciando un pubblico rapito ed entusiasta, ai ritmi eleganti e inebrianti del jazz, del tango e della musica nera, attraverso memorie, sogno e risveglio futurista. Punta d’iceberg: “Diavolo rosso”, 12 minuti di intensa esecuzione corale e di assoli “senza rete”, sfociati nell’immancabile apoteosi d’applausi, per un gruppo di musicisti dalla dinamica, poliedrica e raffinata personalità.
Versi e motivi inscindibili dalla sua raucedine, che trovano l’adattamento più alto nella stigmatizzazione di Nicola Piovani: “Canzoni scritte dalla sua voce”. Una voce a cui si adatta molto l’ozio creativo del tramonto, lo stesso che accompagnava le speculazioni intellettuali dei filosofi greci. In quella luce calda e ovattata, “musa” di atmosfere decadenti e voluttuose. Per cui, è consequenziale il rimando alla sua lectio doctoralis su: “I tempi dell’ispirazione: il pomeriggio”.
Avevo in mente di chiedergli come vivesse un artista come lui, da sempre abituato ad esaltarsi nelle declinazioni ritmiche della velocità, al riflusso contingente della società in cerca di forme di decrescita, di rallentamento e di approccio “slow” del quotidiano. Come tutti i grandi artisti, quasi leggendo nei pensieri del pubblico, Paolo Conte ha risposto “in diretta”, con una versione senza respiro di “Bartali”: col rallenty tirato nella prima parte, quasi irriconoscibile, e la ritrovata cadenza del ritmo (o della pedalata) nella seconda parte, quando “tramonta questo giorno arancione”.
Un concerto bissato che rimarrà incastonato tra i cammei più luminosi del Nuovo Teatro Petruzzelli e tra i poster più blasonati della ricchissima e nobile galleria della Camerata Musicale Barese. Paolo Conte resterà il riflesso brillante di questa stagione Prestige 70°. E chissà che il Politeama barese non possa, un giorno, ritrovarsi tra le sue “stelle del jazz”: nei versi ispirati di una prossima canzone, quale testimone solenne di rinata vitalità e persistente creatività. Nonché metafora e modello, per chi non vuole rassegnarsi alla noia e alla ripetitività del banale.
di Antonio V. Gelormini