Secondo una nuova analisi condotta dall’Organizzazione utilizzando i dati delle prospettive demografiche delle Nazioni Unite, 247.440 bambini – ovvero una media di 903 bambini al giorno- sono nati dal 24 febbraio da donne che vivevano in Ucraina quando la guerra è scoppiata nove mesi fa.
Da quando nove mesi fa è scoppiata la guerra in Ucraina sono nati più di 900 bambini al giorno e le conseguenze del conflitto hanno avuto un grave impatto sulla salute delle madri e dei loro neonati.
Una nuova analisi condotta da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare la vita delle bambine e dei bambini e garantire loro un futuro, utilizzando i dati delle prospettive demografiche delle Nazioni Unite1 rivela che, secondo le stime, sono nati dal 24 febbraio 247.440 bambini – ovvero una media di 903 al giorno- da donne che vivevano in Ucraina quando la guerra è scoppiata nove mesi fa.
L’analisi giunge mentre il sistema sanitario del Paese è sottoposto a un’immensa pressione dopo nove mesi di guerra, mettendo a rischio la vita di centinaia di migliaia di neonati e di madri in attesa con un accesso limitato alle cure mediche, in particolare nelle aree di conflitto attivo.
In questi nove mesi di guerra, le aree urbane dell’Ucraina sono state ripetutamente bombardate, con almeno 703 attacchi alle infrastrutture sanitarie. Nell’Ucraina meridionale, martedì sera alcuni missili hanno colpito un reparto di maternità, uccidendo un bambino di due giorni e ferendo due medici. Da quando la guerra si è intensificata, almeno 1.170 minori sono stati uccisi o feriti in Ucraina, secondo i dati verificati delle Nazioni Unite2.
“Una media di circa 900 bambini al giorno nasce in una vita di incertezza. Il caos della guerra rappresenta una grave minaccia per queste madri e per i neonati. Sentiamo testimonianze di donne che hanno avuto un travaglio precoce a causa del loro costante stato di stress e paura”, ha dichiarato Sonia Khush, Direttore di Save the Children in Ucraina.
“All’inizio della guerra, molte donne incinte erano costrette a partorire in scantinati o bunker. Ora vediamo donne partorire in ospedali sovraccarichi, lontano dai familiari e nei Paesi che ospitano i rifugiati dall’Ucraina. Anche se ci sono meno donne che partoriscono nei bunker rispetto all’inizio dell’anno, le loro gravidanze sono altrettanto stressanti” ha aggiunto.
Alti livelli di stress e ansia durante la gravidanza possono influenzare lo sviluppo cerebrale o il sistema immunitario del bambino e possono portare a un parto prematuro o addirittura a un aborto spontaneo. Un recente studio pubblicato sulla rivista Infancy ha inoltre rilevato che i bambini esposti a maggiori fluttuazioni di stress durante la gravidanza mostrano più paura, tristezza e angoscia a 3 mesi rispetto a quelli di madri meno stressate.
“La guerra ha aggiunto un’immensa quantità di stress alla mia gravidanza. Non riuscivo a dormire con il rumore costante dei combattimenti e la paura che potesse accadere qualcosa alla mia famiglia. Ero così stressata che ho finito per avere la pressione alta. Sapevo che c’era qualcosa di gravemente sbagliato. Vivevamo in una zona dove non c’erano medici che potessero aiutarci, così siamo dovuti partire. Se non fosse stato per la guerra, non credo che avrei avuto una gravidanza così stressante”, ha raccontato Antonina*, 27 anni, incinta di 30 settimane quando è fuggita dai combattimenti nell’Oblast’ di Donetsk con il marito Andriy*, 36 anni, il 10 maggio.
La coppia si è rifugiata a Dnipro, dove Antonina ha dato alla luce due giorni dopo una bambina prematura con gravi complicazioni di salute. Andriy ha perso il lavoro quasi subito dopo l’escalation della guerra a febbraio, aggiungendo un’immensa pressione sia a lui che ad Antonina mentre attendevano con ansia la nascita della loro figlia, Ganna*. A causa dello stress e dell’ansia, Antonina ha dovuto subire un parto cesareo d’emergenza circa 10 settimane prima della data prevista. La bambina è nata con un sistema immunitario compromesso e ora ha bisogno di un inalatore tre volte al giorno e sarà in cura per i prossimi tre anni.
“A causa di tutte le complicazioni della gravidanza, abbiamo trascorso diverse settimane in ospedale. Non potevamo nemmeno uscire a causa del sistema immunitario della mia bambina e delle sue complicazioni respiratorie” racconta Antonina*.
Anche se ora la famiglia vive a Dnipro, una grande città situata nell’Ucraina orientale, Andriy non è ancora riuscito a trovare un lavoro, rendendo loro difficile l’acquisto delle medicine per la bambina.
“Da quando siamo sfollati da Donetsk, nessuno vuole assumerlo. Vogliono solo gente del posto, di Dnipro. È un elettricista e un costruttore, sa lavorare ma non riesce a trovare un’occupazione. Non abbiamo una famiglia allargata. Siamo solo noi. L’unico progetto che abbiamo è quello di crescere un bambino sano” ha aggiunto Antonina.
A causa della situazione finanziaria della famiglia, vivono in un centro collettivo insieme ad altre 280 persone fuggite dai combattimenti in alcune zone dell’Ucraina orientale e meridionale.
Save the Children3 sostiene le famiglie sfollate di Dnipro come quella di Antonina, distribuendo materassi e acqua potabile ai centri collettivi. L’Organizzazione sta inoltre fornendo assistenza in denaro alle famiglie vulnerabili dell’Ucraina affinché possano acquistare beni di prima necessità, come vestiti, medicinali e cibo. Nell’Ucraina occidentale, Save the Children sta formando gli operatori sanitari sulle pratiche di allattamento al seno e, con l’aiuto di partner locali, sta assicurando riparo, cibo, denaro, carburante, supporto psicologico e kit per l’igiene e la salute dei bambini alle famiglie sfollate.