Tutti ormai sapete che la scorsa notte, nella sala UPS di Aruba, c’è stato un incendio che ha mandato in tilt la server farm di uno dei più grandi ISP italiani.
Oltre che per il numero enorme di siti (si dice che siano 1 milione e mezzo), domini e posta elettronica (5 milioni di caselle) non funzionante che ha mandato in fibrillazione, questa mattina, blogger, aziende, portali di informazione, la notizia si è diffusa in maniera esponenziale sui social e, in particolare, su Twitter. Molti gli aggiornamenti sulla situazione e anche tantissime le critiche piovute sull’azienda e sul sistema internet italiano.
Non volendo sparare su chi già ha passato una giornata d’inferno, e mi riferisco allo staff di Aruba, che dal mio punto di vista nel corso degli anni si è dimostrato sempre molto professionale, c’è da dire che, forse, in un’epoca dove i social network giocano la loro parte, un’azienda come Aruba che gioca tutta la sua mission sul web e quindi sulla sua reputazione on line, forse avrebbe dovuto essere sul pezzo proprio per tranquillizzare i propri clienti utilizzando i loro stessi strumenti di comunicazione.
La reputazione messa in pericolo sui social, sia pure per un periodo breve (in fondo, anche se la rete ha memoria lunga), e per un incidente, forse andava difesa meglio attraverso una presenza di un community o social manager aziendale, una sorta di “portavoce social”, che avrebbe potuto aggiornare sull’evolversi della situazione e, soprattutto, difendere l’azienda da attacchi, secondo me del tutto eccessivi.
Una lezione, sia dal punto di vista della sicurezza che dal punto di vista della comunicazione, che forse tutti dovremmo cominciare a tenere in considerazione.
(da www.micheledelledera.it)