Una università non può interferire nelle sorti di un’azienda, quali che siano. Non può giudicarne la conduzione, interpretarne le dinamiche, sostituirsi alle sue storie individuali e collettive. Ma La Gazzetta del Mezzogiorno per l’Università di Foggia non è mai stata solo un’azienda, ecco perché abbiamo deciso di violare questa prassi rivolgendoci direttamente al patrimonio storico, culturale e umano che dà vita a questo Giornale. Un’accademia, si diceva, non deve imbattersi nelle logiche imprenditoriali (ammesso che in questo caso ve ne siano) che decretano la fortuna o il declino di un’impresa, tuttavia può empatizzare con la sofferenza di chi da sempre rappresenta un riferimento per la nostra regione: giornalisti, collaboratori, amministrativi e tipografi che giorno dopo giorno – per oltre 130 anni – hanno rinnovato l’appuntamento con la Gazzetta. Possiamo sentirci vicini alla sorti del Giornale. Condividerne la sofferenza, cercando persino di ammansirla. Ma nel nostro caso non si tratta di una scelta, bensì di un obbligo morale. Quando tra il 1996 e il 1998 la necessità di disporre di un nostro ateneo, indipendente da quello di Bari, cominciò a diventare ineludibile, la Gazzetta allestì per diversi mesi una campagna stampa durante cui le ragioni della nostra scelta, delle nostre rivendicazioni, furono portate sul tavolo di ministri, onorevoli, rappresentanti politici e amministratori locali. Erano i tempi in cui la Gazzetta era venduta, con esiti ragguardevoli, anche a Roma e Milano. Tempi in cui il rispetto verso un giornale non si misurava in copie vendute ma, quasi esclusivamente, attraverso l’autorità che riusciva a esercitare. Citiamo questo episodio perché, tra i firmatari della proposta di Legge presentata alla Camera dei Deputati in favore dell’allora terza università pugliese (12 luglio 1984), c’era anche l’onorevole Sergio Mattarella. E quelli che c’erano, parlamentari e cronisti dell’epoca, raccontano che aveva sul tavolo dello scranno una copia della Gazzetta del Mezzogiorno. Così dicono che si documentò, leggendo di una provincia dinamica e intraprendente che chiedeva il riconoscimento della sua vitalità. Non si tratta, quindi, del saldo di un debito ormai antico, che potremmo anche considerare estinto, ma di contribuire a conservare la storia dell’Università di Foggia. E soltanto rendendola pubblica, finanche nelle sue sfumature, renderemmo giustizia a chi si è battuto affinché questo ateneo divenisse realtà. Oggi non interferiamo, dunque, nelle sorti di un’azienda, nelle dinamiche imprenditoriali che tuttavia si giocano sulla pelle di donne e uomini. Con questa lettera aperta inviata anche all’allora onorevole, oggi Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, chiediamo che l’Italia e la Puglia non rinuncino a un bene così grande, non si privino di quella che da più di un secolo è la Nostra voce. Una preghiera che estendiamo – per quanto il drammatico momento lo consenta – anche alle forze economiche e imprenditoriali in grado di ridare vigore al sogno della Gazzetta, nata come interpretazione dello spirito levantino e divenuta identità di un popolo intero. L’Università di Foggia non può interferire, ma nemmeno dimenticare.