L’occasione fa l’uomo ladro, dice il detto. E talvolta i colossi del food di occasioni ne hanno molte lungo la strada imprenditoriale avviata. Specie poi, se la produzione si riduce e i guadagni di conseguenza, ecco che “l’occasione” si presenta su un piatto d’argento.
Nel 2014 un’inchiesta del New York Times (con le 15 graffianti vignette di Nicholas Blechman) confermava come l’olio d’oliva venduto in Italia e all’estero per “italiano”, fosse in realtà d’importazione straniera (per lo più Spagna, Tunisia, Marocco e Grecia) e, ancor peggio, adulterato con olio di soia o di semi raffinati importati.
Ora l’inganno, perché di questo si tratta, ce l’abbiamo direttamente in casa. Il Corriere della Sera (del 10 novembre) titola “Torino, olio d’oliva venduto come extravergine: indagate sette aziende”. Al centro dell’inchiesta dei Nas del capoluogo piemontese infatti, sette grandi industrie produttrici di olio (Carapelli, Bertolli, Santa Sabina, Coricelli, Sasso, Primadonna e Antica Badia) che hanno imbottigliato e venduto olio d’oliva spacciato per extravergine. Il problema è – secondo l’accusa – del potenziale inganno rivolto al consumatore, che avrebbe pagato circa il 30% in più una bottiglia di olio pensando che fosse “extra vergine” quando in realtà non lo era. Gli oli “incriminati” sono stati giudicati dall’agenzia delle dogane «scarsi» non in assoluto, ma in rapporto alla dicitura che riportavano sull’etichetta”. (riportiamo dal Corriere della Sera).
“Noi lamentiamo la scarsa informazione sul consumo dell’olio, né d’oliva, né extravergine d’oliva, né italiano, già da tempo – spiega Antonio Pagliaro, Ceo di RevOILution, amministratore della start up calabrese Age -. Ed è stata proprio l’altissima percentuale dell’olio commercializzato – quasi il 70% – che ci ha spinti a rivedere l’intero processo produttivo dell’EVO, in modo da permettere a chiunque di dominare il processo ed evitare adulterazioni”.
Con RevOILution è possibile gustare l’olio espresso, fresco appena spremuto a freddo e senza alcuna alterazione. Si ottiene inoltre, il triplice scopo di avere la qualità, l’integrità dell’olio italiano e la tutela della biodiversità (dando la possibilità ai piccoli produttori olivicoli di avere una fonte di reddito più equa evitando quindi il fenomeno della non raccolta (100k tonnellate solo in Italia).
“S’impiegano 5 minuti per preparare il carico – motiva Pagliaro – e nei 40 minuti successivi, senza dover controllore di contenuto, RevOILution compie una spremitura a freddo di 500 cl di olio extravergine d’oliva, il cui odore, colore, sapore e densità, non hanno niente a che vedere rispetto all’olio comprato al supermercato”.
Nel promuovere la pubblicazione del suo libro “Extraverginità. Il sublime e scandaloso mondo dell’olio d’oliva, Edt Editore”, il giornalista americano Tom Mueller, esperto internazionale di olio e residente in Liguria da anni, asserisce che “le etichette degli oli, sono opache fino ad essere pressoché inutili per il consumatore medio, che non è messo nelle condizioni di distinguere tra un olio eccellente, buono, discreto e scadente. La terminologia ufficiale per descrivere l’extravergine (che fa riferimento a un olio di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici) – non ti dice proprio niente sulle sue qualità alimentari, nemmeno se è buono. Io vorrei vedere sull’etichetta il luogo geografico specifico dove sono state coltivate le olive, il nome del produttore, le cultivar delle olive utilizzate, la data di raccolta – ma questi dati sono rari, anche in oli di qualità.
“Già nel 2013 – prosegue Mueller – secondo un’indagine condotta da un giornalista svizzero Andreas März, che risiede in Toscana, che fece campionare 31 etichette, si evidenziò come marchi storici come Bertolli e Carapelli, risultarono addirittura di “olio lampante”, ossia di livello qualitativo tanto basso da essere inadatto al consumo alimentare”.
Insomma, per alcuni marchi le “occasioni”, si creano spesso!
“Mi trovo totalmente d’accordo con Tom Mueller – spiega Antonio Pagliaro – quando asserisce che ‘Servono maggiori controlli e norme che tutelino il consumatore. Ma occorre un’educazione al gusto, per l’olio ma anche per altri prodotti, che deve cominciare dalle scuole’. Noi con il nostro prodotto, partiamo dalla radice del problema: la produzione di un olio extravergine di oliva sano, fatto di olive italiane”.