Non si ferma la crescita del pokè: il piatto tipico della cucina hawaiana – importato dallo chef Sam Choy negli USA e diventato in poco tempo un food trend mondiale – continua a registrare stime positive, con il mercato globale che prevede un CAGR del 8,4% nel quadriennio 2022-2026. Un trend che si è leggermente ridimensionato rispetto alla stima iniziale (14%) per via di una maggior stabilizzazione del mercato del Nord America, regione con forte peso nel settore.
In controtendenza rispetto al resto del mondo, l’Italia registra invece tassi di crescita superiori alla tripla cifra, che indicano una nazione con ancora grandi opportunità nel settore. Nel Paese è stato registrato un giro d’affari di €151M nel 2021, cresciuto fino a raggiungere €328M a giugno 2022 (+117%). Per il 2026 si attende un CAGR del 20% che potrebbe far volare il mercato a quota €689M.
A fare il punto è Growth Capital, advisor leader in Italia per aumenti di capitale e operazioni di finanza straordinaria per startup e PMI, che in occasione della Giornata Mondiale del Pokè (28 settembre) presenta la seconda edizione del report “Il mercato del Pokè in Italia”.
Le pokerie in Italia: grandi catene e store indipendenti
In Italia anche gli store hanno registrato una crescita vertiginosa, raggiungendo quota 820 censiti da Growth Capital nel 2022 (aggiornamento al 30 giugno 2022).
Il 43% del mercato (calcolato in base al numero di store) è appannaggio di catene tra cui I Love Poke (15% di market share e 120 store) e Poke House (7% di market share e 56 store), testimoniando una effettiva chainification del settore nel nostro Paese. Growth Capital ha poi individuato altre 5 catene con un numero di store compreso tra le 15 e le 35 unità con un market share compresa tra il 2,2% e il 4,2%: Pokescuse, Macha Poke, Pokeria by Nima, Waikiki Poke e Poke Sun-Rice. In termini di fatturato, la classifica delle top catene italiane vede invece al primo posto Poke House, con ricavi per oltre €40M. Il restante 57% del mercato appartiene invece a store singoli e indipendenti.
A livello geografico, Milano, Roma e Torino si confermano come le città italiane in cui il mercato del Pokè è più sviluppato. A Milano la prima catena è Poke House con 21 store e il 16% di market share: è anche l’unica catena italiana con una strategia internazionale e che a giugno 2022 contava 57 store fuori dall’Italia (Europa e Stati Uniti) per un totale di 113. Nella Capitale, la leadership è detenuta da Ami Pokè, con il 10% di market share, mentre a Torino al primo posto spicca Pacifik Poke (16% di market share). Nel Nord-Est, Poke Sun-Rice è invece la catena leader (con 10 store e il 19% di market share).
Le principali operazioni nel mercato delle pokerie
A confermare il fermento del mercato delle pokerie sono anche gli aumenti di capitale registrati nell’ultimo anno: ad esempio, Goodeat, titolare dei brand Pokeria by Nima e Nima Sushi, ha raccolto €5M da parte di un family office ad ottobre 2021, Ami Pokè ha raccolto in equity crowdfunding €1,26M a febbraio 2022, RFK invece ha investito €0,5M in Pokescuse ottenendo una quota pari al 10% ed una call option per un aggiuntivo 8% esercitabile entro il 2023.
Ad aprile 2022, la stessa Goodeat ha inoltre completato l’emissione di un minibond da €1,5M a 5 anni, interamente sottoscritto da Unicredit.
Le acquisizioni sono invece state guidate interamente da Poke House, che negli ultimi 12 mesi è entrata nel capitale di Pokè Perfect (Olanda), Sweetfin (US) e Honu Tiki Bowls (Austria).
“Il mercato del pokè in Italia ha registrato tassi di crescita sorprendenti, conquistando sempre più spazio nel settore del fast casual. Sarà interessante osservare quali strategie metteranno in atto le grandi catene per vincere la preferenza dei consumatori e assicurarsi la massima retention. Come Growth Capital, continueremo a studiarne trend, strategie di capillarizzazione nel lungo termine – come focus su DOS, franchising o nuovi formati – e relative implicazioni sul mercato. Ad oggi, ci aspettiamo un futuro consolidamento di quest’ultimo anche attraverso l’aumento di operazioni di M&A sulla scia delle recenti acquisizioni internazionali”, sottolinea Andrea Casati, Vice President di Growth Capital.