Ne consumano oltre 90 kg a testa ogni anno (Dati Assocarni 2010) ma gli italiani scoprono di ignorare completamente cosa si ritrovano nel piatto. Parliamo della carne: bovini, suini, polli e tacchini rappresentano un vero e proprio rebus per gli abitanti del Belpaese, spaesati e confusi da etichette spesso incomprensibili (30%), sconosciuti abbinamenti con gli altri cibi (17%) e cotture ideali da praticare (11%). Danno molta importanza al prodotto certificato Made in Italy (62%) e nonostante il 26% degli italiani si reputi un vero e proprio esperto del settore, facendo attenzione alla regione di provenienza (29%) o al tipo di taglio (27%) prima di consumarla, rivelano una straordinaria ignoranza sul mondo della carne. Dalle razze ai tagli, dalle cotture alle diverse specialità regna il caos e la confusione. E così il manzo diviene un vezzeggiativo (13%), la chianina una tecnica per cucire (51%), l’asado un partito politico sudamericano (25%), l’angus un cantante scandinavo (19%) e l’entrecote un patè (39%). La carne, dunque, continua ad essere amata sulle tavole degli italiani, dove scarseggiano però cultura e sapere su cosa si sta mangiando.
Questo è quanto emerge da uno studio promosso dalla rivista Vie del Gusto, diretta da Domenico Marasco e in edicola nei prossimi giorni, tramite un sondaggio online che ha coinvolto 1250 uomini e donne italiani di età compresa tra 18 e 55 anni, a cui è stato chiesto il loro parere sulla carne e sono state indagate le competenze sull’intero mondo delle carni da macello.
Quasi un italiano su due si reputa un esperto e preferisce il Made in Italy ma la carne continua a rimanere un mondo ignoto per molti a causa di etichette incomprensibili, abbinamenti e cotture sconosciute
Anche nel mondo della carne, il bestiame rigorosamente Made in Italy assume un’importanza fondamentale per gli italiani. Oltre 7 su 10, infatti, preferiscono acquistare e consumare prodotti allevati e macellati nel Belpaese mentre solamente per l’11% non ha nessuna valenza di maggiore qualità. Quello che contraddistingue una carne di ottima qualità da una inferiore, infatti, per il 29% degli intervistati è la regione di provenienza dell’animale seguita dal tipo di taglio (27%) o di allevamento (23%). Solo 2 su 10 pongono l’attenzione sulla bravura del macellaio che, con i suoi strumenti, può inficiarne consistenza, gusto e sapore (19%).
E durante il processo di acquisto della carne, gli italiani non negano di riscontrare numerose difficoltà. Al primo posto tra le problematiche maggiori ci sono le etichette delle confezioni o i cartellini spesso incomprensibili e poco chiari (30%). E se il 21% reputa come prima discriminante il costo troppo elevato di alcuni tagli, per il 17% resta un mistero l’abbinamento ideale con gli altri cibi o, d’altro canto, la cottura (11%). Solo il 14%, invece ripone molta importanza sulla sicurezza dell’allevamento. Eppure quasi 3 italiani su 10 si reputano grandi esperti in materia di carne (26%) o dichiara di capirne abbastanza (18%). L’onestà pare invece appartenere ad appena il 12% degli abitanti del Belpaese che ammette di non distinguere il maiale dal tacchino.
Dall’angus che diventa un farmaco alla chianina che è una razza di cani, dalla tagliata che si trasforma in un’azione di calcio al patè-entrecote: tipica italiana o straniera, la carne è un mistero per la maggior parte degli abitanti del Belpaese
Ma quando vengono messi dinanzi ai termini che contraddistinguono il mondo della carne, gli italiani navigano tra il caos e l’ignoranza. Così la carne di vitello utilizzata per gli arrosti, il famoso Carrè (noto solo per il 12% degli intervistati), diventa una marca di profumi (16%) o viene identificata con il pane tostato (42%). La cotenna, da pelle del maiale o del cinghiale (29%) è confusa con il grasso dei suini (30%), uno dei tanti modi per chiamare lo strofinaccio di casa (9%) o addirittura un tipo di corda (24%). Pessima fine anche per lo scamone, identificato come un taglio di carne di vitellone o manzo da appena il 13% degli italiani: per il 31%, infatti, non ci sono dubbi, è una parte delle imbarcazioni, un prosciutto piemontese (22%) o, peggio ancora, un termine dialettale che indica “ceffone” o “sberla” (26%).
L’ignoranza degli italiani sul mondo della carne la si raggiunge con i termini stranieri. L’asado, la tipica grigliata argentina di carne di manzo è conosciuta solamente da un consumatore su 4: gli altri la identificano con una verdura orientale (36%) o con una spezia indiana (24%). O peggio ancora un partito sudamericano (13%). Sono in molti poi ad amare e preferire l’angus a tavola ma pochi a sapere che si tratta di una razza bovina tipica scozzese (23%), piuttosto gli italiani pensano si tratti di un formaggio valdostano (31%), un farmaco (20%), fino al “delirio” del cantante scandinavo (19%). E l’entrecote? Da essere il classico controfiletto alla francese (25%) si trasforma in un patè (39%) o addirittura in una verdura in pastella (13%).
Infine, anche capisaldi della cucina italiana come il manzo, la tagliata e la chianina si perdono nell’oblio dell’ignoranza e del caos. Gli intervistati, infatti, non conoscono la differenza tra manzo e vitellone e oltre il 25% li confonde: da castrato, il manzo diviene un bovino di massimo 4 anni pronto per divenire un forte e mastodontico toro, e dunque assolutamente “non castrato”. Sempre meglio che un tipo di cottura di carni pregiate (37%) o addirittura un vezzeggiativo (13%). Sembra difficile poi immaginare di sedersi su una comoda tagliata eppure il 32% la identifica come un particolare tipo di poltrona oppure crede di parlare di una azione calcistica (16%), confondendola magari con uno dei tanti neologismi ideati dal mitico Gianni Brera. Infine, la razza più nota in Italia, ovvero la chianina toscana, diventa una tecnica per cucire per oltre un italiano su due (51%). In alternativa? Una razza di cani (10%) o una particolare cottura della carne (20%). Almeno in questo caso non si cambia mondo seppure imperi sempre l’ignoranza e la confusione.