La sindrome dei “venti” si è impossessata dell’intero comparto energetico internazionale. Kyoto ne ha favorito la diffusione, la debolezza del biglietto verde americano e la corsa verso il fixing petrolifero dei 100 dollari al barile ne ha, invece, accentuato il potere d’attrazione. Infine, il fascino dei numeri ne proietterà il contagio a largo raggio.
Sembra studiato da un creativo del power-marketing. Entro il 2020, il 20% dell’energia sarà prodotto dai venti o, comunque, sarà rinnovabile. Non è più solo una questione di emergenza ambientale. Per gran parte è business. Chi da tempo ne ha fiutato la convenienza, ora si attrezza per mettere a frutto il know-how acquisito e consolidare la sua posizione di leadership tecnologica.
Tedeschi ed inglesi, oltre ad americani e giapponesi, la fanno da padrone. Le nuove forme di colonizzazione, con l’impoverimento delle fonti materiali, rivolgono la loro attenzione all’inesauribile tesoro dell’immateriale. Con il vento e con il sole le moderne declinazioni di ogni soluzione, a desinenza “sostenibile”, hanno nomi come foto-voltaico, eolico, biomasse, idrico e geotermico.
I moderno mulini a vento dell’energia pulita, dopo aver coronato e vivacizzato i crinali di altopiani e colline di mezzo mondo, si apprestano alla sfida di una nuova frontiera: quella dei deserti. E se fino a ieri accanto alle Piramidi d’Egitto eravamo soliti vedere palme e cammelli, col nuovo accordo che la Italcementi ha siglato col governo del Cairo, le torri del vento prenderanno il posto delle trivelle, dando vita a un gigantesco parco eolico, lungo le coste del biblico Mar Rosso.
Un effetto domino che, se ben gestito, potrebbe trasformare la febbre del 20% in una salutare febbre da crescita. Spinti dalla smania del contenimento delle emissioni di anidride carbonica, si potrebbe innescare il circolo virtuoso dell’installazione di sistemi nuovi di riscaldamento, dei condomini a basso consumo di energia e tutti provvisti di pannelli solari, della produzione frazionata dei fabbisogni energetici in agricoltura.
Bello e affascinante. A condizione che tutto questo possa tradursi in opportunità per i territori e le aree interessate. Purtroppo cambiano i venti, ma la rotta sembra rimanere la stessa: E’ di qualche giorno fa la notizia che in Puglia vedranno la luce ben sei impianti di produzione di energia solare. Ma a costruirli , e forse poi a sfruttarli, non saranno imprenditori locali o italiani, bensì tedeschi di Germania. Arriveranno da Berlino.
di Antonio V. Gelormini