Verona –  Le identità di dodici suoli interpretati attraverso dodici Sangiovese. Fèlsina presenta Materia Prima, progetto enologico con cui l’azienda di Castelnuovo Berardenga (Siena) approfondisce la sua ricerca su questo vitigno icona, che si fa narratore ed interprete fedele del territorio in cui viene coltivato.

Un progetto ambizioso, che indaga non solo il rapporto tra il Sangiovese e il terroir, ma anche le radici contadine fatte di saperi tramandati e di tradizioni orali, per cui chi conosce la terra ne comprende il potenziale.

 

“Questa selezione speciale rappresenta non solo un’esperienza unica e un’innovazione nell’approccio produttivo aziendale, ma anche i primi frutti di un lungo studio, realizzato grazie alla sapiente conduzione enologica di Franco Bernabei, che esplicita la ricchezza e la variabilità dei suoli e sottosuoli di Fèlsina, aiutando a comprendere meglio le invisibili ma concrete connessioni tra ambiente e vite” dichiara Giovanni Poggiali, oggi alla guida dell’azienda. “Ognuno di questi  dodici vini racconta una storia diversa, accomunata da un protagonista d’eccezione, il Sangiovese, che diventa il vero e proprio ‘genius loci’ della nostra terra.”

 

I dodici Sangiovese del progetto “Materia Prima” sono Pozzi 2019, Quadri 2019, Quercione 2019 situati a Pagliarese e Casale 2019, Fornace 2019, Malena 2019, Mandorli 2019, Ruzzatoio d’Ombrone 2019, Ruzzatoio Lago 2019, Sambra 2019, Santa Maria 2019, Villa del Lago 2019 situati a Fèlsina.

 

Ogni vino segue le stesse pratiche di cantina: fermentazione con lieviti indigeni, stesso periodo di macerazione delle uve, fermentazione malolattica in tonneaux da 500 litri e un affinamento in legno di 18 mesi. Tuttavia il vero lavoro inizia in vigna, dove ogni terroir, con le sue caratteristiche intrinseche, è in grado di dare vita a vini unici. È quindi il terreno, con il suo microclima e le sue caratteristiche morfologiche, a distinguere ogni prodotto, conferendo a ciascun vino un’identità diversa, irripetibile.

 

La scelta della denominazione IGT per le etichette del progetto ha permesso all’azienda di avere la massima libertà di lavorazione delle uve, consentendole di esaltare le caratteristiche uniche del vitigno e di sperimentare nuove zonazioni potenzialmente adatte alle coltivazioni future.

 

In occasione degli studi condotti per il progetto, è stata inoltre avviata una collaborazione con l’Università di Firenze che si è occupata del tracciamento dei lieviti autoctoni della cantina e ha portato all’identificazione di quello che è stato battezzato come “lievito Fèlsina”.

 

Fil rouge dei dodici Sangiovese sono i canoni della finezza, della bevibilità e della longevità che da sempre identificano i vini di Fèlsina, ma nel bicchiere ogni prodotto rivela alcuni tratti distintivi, alcuni esprimono suadenza e agilità, altri nervosità e potenza.