Emilio Botin ricomincia da tre. Piantato in asso, a suo tempo, dall’Istituto Bancario San Paolo di Torino, di cui era azionista di riferimento al momento della fusione con Banca Intesa, il presidente del Santander non demorde. E vede premiata la sua ostinazione a rimanere sul mercato italiano.
Stavolta riparte da Padova, dopo essere stato artefice con Royal Bank of Scotland e Fortis dell’acquisizione di Abn Amro, essendosi riservata la corposa fetta di Banca Antonveneta, dallo spezzatino in programma del colossale istituto olandese.
I mille sportelli della banca padovana cambiano ancora insegne e passano dall’arancio dei mulini a vento valloni, alle pale giallo-rosse di quelli donchisciotteschi del banchiere catalano Botin. I cui progetti hanno sempre avuto prospettive di lunga durata, supportate dall’intricata rete di rapporti e partecipazioni azionarie sul palcoscenico economico-finanziario europeo, costruita con pazienza, arguzia e oculata scrupolosità.
La vecchia ruggine con Intesa-Sanpaolo motiva, oggi, la naturale simpatia per Unicredit-Capitalia. Del suo 2% di Capitalia si sapeva, ma da poco ha rivelato di avere poco meno del 2% anche in Mediobanca e Generali. Il che con la conquista di Antonveneta ne fa, nel caso fosse necessario ancora provarlo, un autentico protagonista del risiko bancario e assicurativo in atto in Italia e sul fronte europeo.
Gli schieramenti per la grande battaglia sulle Generali continuano a dispiegarsi lungo le direttrici indicate dagli strateghi. Preparativi silenziosi in perfetto stile Geronzi, che non conosce tregua nella ricerca di forti e proficue alleanze. E che adesso registra impassibile l’arrivo in squadra anche del rinvigorito Emilio Botin.
di Antonio V. Gelormini