Sabato 19 ottobre dalle 14 alle 20 gli ampi spazi del Superstudio Maxi, in via Moncucco 35, a Milano, diventano una grandissima enoteca in cui professionisti, vignaioli e appassionati raccontano e degustano i migliori vini selezionati e premiati dalla guida Slow Wine 2025, pubblicata da Slow Food Editore e giunta alla sua quindicesima edizione. Disponibile online su www.slowfoodeditore.it e in tutte le librerie dal 23 ottobre, la guida si presenta non solo come un prezioso strumento che racconta in modo puntuale la realtà vitivinicola italiana, grazie all’apporto di 252 collaboratori sparsi in tutta la penisola, ma cerca di pungolare il settore verso una transizione ecologica essenziale alle quale tutti siamo chiamati a impegnarci, e di cui il comparto può e deve farsi promotore.

È in questa direzione che va un’importante novità della Guida 2025: «Abbiamo voluto – spiega Federico Varazi, vicepresidente di Slow Food Italia – non recensire le aziende che utilizzano il diserbo chimico. Una scelta coraggiosa e fortemente politica, in linea con quanto Slow Food sostiene da tempo in difesa di un approccio sostenibile alla viticoltura. Una scelta che allinea i progetti intorno ai valori del Manifesto del vino buono, pulito e giusto, come la Slow Wine Coalition e la Slow Wine Fair. Oggi, Slow Food parla di vino con una sola voce, per mettere al centro il tema della viticoltura come strumento di tutela del suolo e della biodiversità. Che bandisce la chimica di sintesi e valorizza chi adotta metodi di produzione che rispettano i cicli naturali e salvaguardano le risorse come l’acqua, il suolo, la materia organica e l’aria. Che rispetta l’ambiente, la salute dei consumatori e la bellezza del paesaggio. Per un futuro che inizia dalle nostre scelte».

 

Su questa linea Giancarlo Gariglio, curatore della guida Slow Wine, che, a proposito delle critiche di chi sostiene sia un errore non usare chimica di sintesi nei filari, puntualizza: «Svariati enologi e alcuni produttori, ultimamente, hanno fatto dichiarazioni pesantemente contrarie alla coltivazione in regime biologico, criticandone i risultati e mettendo in dubbio i protocolli. Penso siano affermazioni semplicistiche che non evidenziano il problema principale: si è piantato troppo e anche in zone non vocate. Proprio questa tendenza obbliga all’uso di prodotti di sintesi per difendersi dalle malattie fungine, mentre nei territori più adatti alla viticoltura i risultati del biologico sono molto più confortanti. Pertanto, è più giusto affermare che se si propone un modello industriale e produttivistico della coltivazione di uva è sconsigliato il biologico, al contrario se si preferisce produrre vini di alta qualità e artigianali allora rame e zolfo, uniti a un’agronomia di precisione, sono prodotti eccezionali. Visto che il vino non è un prodotto essenziale per la vita dell’uomo, direi che sia decisamente meglio se lo realizziamo con maggior cura, più buono e con un minor impatto ambientale e non piantiamo uva dappertutto solo per mera speculazione finanziaria, per ritrovarci poi a dire che il biologico non funziona».

 

Per conoscere da vicino le realtà raccontate nella guida, in un ideale tour dell’Italia del vino buono, pulito e giusto, l’appuntamento è dalle 14 alle 20 al Superstudio Maxi, dove 500 delle 2000 cantine recensite presentano i loro vini in una sensazionale degustazione aperta al pubblico, un’occasione esclusiva non solo per assaggiare il meglio della viticoltura italiana, ma per conoscere e dialogare con gli artefici di straordinari vini. Un’opportunità unica per chi ama il vino in tutte le sue sfumature o semplicemente vuole avvicinarsi a questo mondo e comprendere la sua valenza ambientale, economica e sociale. Il costo del biglietto d’ingresso alla degustazione di Slow Wine, acquistabile sul sito di Slow Food, è di 49 euro (39 euro per i soci Slow Food e i soci Fisar) e comprende una copia della guida Slow Wine 2025.