La moria di pesci nella laguna di Orbetello dimostra gli effetti devastanti del cambiamento climatico, ma è il risultato di anni di incuria e abbandono di un’area fragile e preziosa. I pescatori del Presidio: “C’è meno pesce, ma la qualità è assoluta”.
Sulla superficie dell’acqua galleggiano le carcasse di migliaia di pesci, morti per il poco ossigeno e per gli effetti dei cambiamenti climatici: dalla laguna di Orbetello, in una domenica di mezza estate, arrivano immagini che, nella loro drammatica desolazione, ben raccontano l’incapacità di prendersi cura, di proteggere, di salvaguardare. Quello che sta accadendo in questi giorni nella laguna di Orbetello non è soltanto un disastro ecologico di dimensioni particolarmente significative: è un disastro politico e amministrativo, il fallimento nel gestire un ecosistema fragile e preziosissimo, dove si alternano spiagge paradisiache, riserve naturali e Zone di protezione speciale per le specie che qui nidificano.

 

«Queste sono le conseguenze di anni di incuria» sostiene Stefano Sorci, membro dell’Alleanza Slow Food dei cuochi, anima dell’osteria di Giannella L’oste dispensa, e referente Slow Food del Presidio della pesca tradizionale della laguna di Orbetello. «Sarebbe il caso che lo Stato si muovesse in fretta per risolvere problemi che ci portiamo avanti da vent’anni. La laguna di Orbetello è un luogo bonificato e i luoghi bonificati hanno bisogno di manutenzione: se vogliamo conservare l’incredibile biodiversità che c’è da noi, farlo è urgente».

 

Gli fa eco Pier Luigi Piro, presidente della Cooperativa pescatori di Orbetello e referente dei produttori del Presidio Slow Food: «Stiamo vivendo una situazione simile al 2015 – esordisce –. Chi amministra ha avuto nove anni di tempo per ripristinare l’habitat e metterlo in sicurezza, ma sostanzialmente non ha fatto niente: non sono state fatte le escavazioni dei canali per il ricircolo dell’acqua, non sono stati messi gli acceleratori dei flussi e probabilmente le idrovore non hanno più forza propulsiva di quindici anni fa, perciò pompano l’acqua del mare in modo inferiore a quanto dovrebbero». Per un ambiente come la laguna di Orbetello, dove l’acqua raggiunge un’altezza media di appena un metro, poco ricambio di acqua significa andare in sofferenza per ogni sbalzo termico.

 

L’incuria, le alghe, il caldo

 

I problemi di questo luogo così speciale non sono un mistero, tanto che già nella prima metà degli anni ‘90 venne avviata un’operazione di bonifica per cercare di porre rimedio all’eutrofizzazione dell’acqua, problematica associata – si legge in questo documento disponibile sul sito del Dipartimento della Protezione Civile – alla “contaminazione chimica originata da accumulo di contaminanti ambientali derivanti da pregresse attività industriali e produttive di una fabbrica in riva alla laguna”.

 

L’eutrofizzazione dell’acqua, che in sostanza è l’aumento nello specchio acquatico di sostanze fertilizzanti, nel tempo ha determinato “cambiamenti qualitativi e quantitativi dell’assetto della flora e della fauna, ad esempio favorendo lo sviluppo delle alghe, la cui massiccia presenza ha determinato degenerazioni e riduzioni della quantità di ossigeno disponibili”. A proposito di alghe, «non è stata cambiata neanche la flotta per raccogliere quelle che si trovano sui fondali – prosegue Piro – come la Valonia che, a 28 gradi, si sfalda, sprigionando anidride solforosa. Nei giorni scorsi la temperatura dell’acqua ha toccato i 35 gradi: è saltato il banco».

 

Il Presidio non è a rischio: “Meno quantità ma la qualità del pesce è immutata”

 

«Mezza laguna è stata danneggiata – aggiunge il presidente della Cooperativa pescatori di Orbetello – ma nell’area di ponente il pesce c’è, è buono e continua a venire pescato secondo le tecniche previste dal Presidio Slow Food, che non è a rischio. C’è meno quantità, ma sulla qualità niente da dire: è un’eccellenza assoluta». Lo conferma anche il cuoco Sorci: «Nonostante tutto, non c’è carenza di pesce. Anche stamattina l’ho acquistato, perché i pescatori sanno muoversi in queste acque». La moria di questi giorni potrebbe invece avere conseguenze sulla riproduzione delle specie e rappresentare un problema per i prossimi anni: «C’è bisogno di un ripopolamento efficace» conclude Piro.