Se a Roma è naturale e scontata la convivenza e la permanenza di un gran numero di “papaline” rosse, a Milano storia e tradizione sono da sempre legati ad un solo Cardinale. Sin dai tempi manzoniani, quelli dei Promessi Sposi, la più grande tra tutte le diocesi ha sempre avuto un solo riferimento. Borromeo o Visconti, Ratti o Schuster, Montini, Martini o Tettamanzi, per l’intera comunità ambrosiana c’è sempre stato solo: il Cardinale.
Forse anche per questo, quando nelle cattedrali laiche della finanza e della politica meneghine, ha cominciato a farsi sentire l’influenza di qualche moderno signorotto, si è preferito parlare prima di Innominati e poi, con taglio più animato, tutt’al più di Eminenze grigie.
L’arrivo di Cesare Geronzi sulla Cattedra più esclusiva della finanza milanese, quella di Mediobanca, completa un percorso da tempo intrapreso dal presidente di Banca di Roma/Capitalia. Ma è stato da molti interpretato, senza risparmio di malizia, come la ricerca di un trampolino, che gli consentisse di saltare l’impervia parentesi dei guai giudiziari, per accedere a un “soglio” superiore, ben più adatto alle aspirazioni di Pontefice maximo per un vero Cesare romano.
Solo che in tempi di globalizzazione, anche le liturgie del rito ambrosiano non bastano più a salvaguardare la centralità di salotti ormai poco influenti. E a poco servirà la stessa riapertura del Sancta Santorum di piazzetta Cuccia: le stanze dell’omonimo presidente Enrico, un Dio di banchiere. Anzi, per qualcuno si è trattato addirittura di una profanazione.
La Mediobanca di oggi non è più la stessa. Non è più una Chiesa. I competitors internazionali sono di prim’ordine. La stessa fuoriuscita di strutture imprenditoriali come Fiat o Telecom lo testimoniano. I soci industriali contano meno, mentre la mano del gruppo dei francesi è sempre più lunga.
Una base depotenziata, affidata a un’Eminenza emerita. Che nel massimo sforzo innovativo, si presenta come “pacificatore”. Su una piazza che trae dalla quotidiana guerra finanziaria la linfa necessaria ad una sopravvivenza, che viaggia ai ritmi dei bit, lungo autostrade di fibre ottiche e sugli schermi degli i-pod. Non è un marziano, quello arrivato a Milano. E non arriva dal futuro. Si fa chiamare Cesare e arriva dall’antica Roma.
di Antonio V.Gelormini