Nel fundraising niente va improvvisato né lasciato al caso… tanto è beneficenza, tanto conta la causa e soprattutto non possiamo permetterci di spendere soldi. No.
C’è un modo, c’è uno stile, ci sono regole anche nell’organizzazione della… “beneficenza”. Ci vuole organizzazione per mettere su un evento di raccolta fondi che porti frutti, ci vuole impegno nel pianificare e veicolare una campagna 5×1000, ci vuole tecnica per coinvolgere le aziende nella nostra mission, ci vogliono innovazione e coinvolgimento per mettere su una campagna di crowdfunding che si distingua, ci vuole maniera anche per organizzare un semplice banchetto.
Questo articolo nasce da due episodi che mi permetterete brevemente di raccontarvi.
Il primo. Ero alla XVII edizione del Festival Antichi Suoni al mio comune, Novi Velia; facevo un giro tra gli standisti attenta ad ogni dettaglio (purtroppo, da consigliere comunale, la festa la vivo nella veste di organizzatore/controllore). Mi imbatto in un banchetto: vende dei biscotti artigianali (dall’aspetto sembrano buoni); il tavolino è coperto da una cerata colorata, davanti un banner col nome dell’organizzazione non profit, indirizzo-IBAN-cellulare ed un simbolo/logo; tra i pacchetti di biscotti un foglio A4, stampato in casa, con correzioni a penna, in cui fitto fitto si racconta una storia interminabile e soprattutto illeggibile di sera, nel caos e con quel carattere word! La ciliegina sulla torta è lateralmente: sempre foglio A4, stavolta disegnato e colorato a mano con fiorellini e cuoricini in cui, sempre a mano, c’è scritto “Beneficenza regaliamo un sorriso ad un bambino”. Dietro il banchetto, tre sedie occupate da tre persone.
Faccio un esperimento. –Salve, buonasera! Posso fare qualche foto? – Sono un po’ imbarazzati ma mi dicono si. Nessuno prova a raccontarmi chi sono e perché sono lì. Fatte le foto, me ne vado. Nessuno mi ferma.
Seconda sera al Festival. Sono sempre in giro tra gli stand, distribuisco a ciascuno mazzetti di volantini col programma musicale e l’elenco dei posti dove è possibile degustare gastronomia locale. Rivedo il banchetto, i tre sempre inchiodati alla loro sediolina. Li osservo un po’, non si ferma nessuno. Mi avvicino, porgo un mazzo di volantini e dico –Provate ad usare questi per attrarre le persone e magari con la scusa del volantino provate a raccontargli la vostra storia! – –Grazie. Qui non si ferma mai nessuno…– risponde sconsolata una dei tre.
Diceva mia madre: “chi tèn’ lengua va in Sardegna!” (chi sa parlare può andare lontano). La prima regola di un banchetto è parlare. Non puoi startene seduto ad aspettare che gli altri vengano da te, soprattutto se sei in un contesto in cui tutto è attrazione e c’è gran confusione! Alzati dalla sedia, mettiti in strada, ferma le persone e prova a raccontargli la tua storia: chi sei, perché sei e cosa fai.
Quando ero una liceale un po’ maschiaccio, sempre mia madre mi spronava ad avere un aspetto un po’ più bon ton e mi ripeteva spesso che “anche l’occhio vuole la sua parte”. Non si sbagliava mia madre, ed anche questa è una regola del banchetto! Un banchetto deve essere riconoscibile, attrattivo, chiaro e bello. Hai bisogno minimo di un banner da mettere davanti ed un roll-up da tenere dietro con il logo della tua organizzazione, una bella foto che racconti qualcosa di te, uno slogan, i contatti. Sul tavolino sono obbligatori brochure e guest book. A questo punto il banchetto c’è e puoi coniugarlo come più ti è funzionale: fai merchandising, inviti alla donazione, incrementi i tuoi contatti, presenti un evento.
E veniamo al secondo episodio. Domenica scorsa ho fatto una passeggiata per Via Toledo, a Napoli. Ho incrociato ben due banchetti di organizzazioni (almeno così dicevano) di clown terapia. Le persone che vi stavano intorno erano nell’aspetto molto simili: i primi con cappellino rosso, nasone posticcio, camice bianco; i secondi con camice bianco, nasone posticcio, badge al petto. In entrambe i casi uno dei “volontari”(???) ha provato a fermarmi dicendo –Signora, ci dona una monetina per i bambini della pediatria? –
CHIARIAMOCI BENE: con una monetina non aiuti nessun bambino in nessuna pediatria. Nemmeno con tante monetine (come prontamente mi ha fatto osservare una di queste “volontarie”)! Hai bisogno sì di sostegno alla tua organizzazione, lo so, ed è per questo che hai bisogno di incontrare quanta più gente possibile ma non per chiedere monetine, piuttosto per raccontare una storia. Ricorda: devi arrivare in Sardegna! Se è vero che sei tutti i giorni al fianco di bimbi malati non ti mancheranno le parole né le storie per farmi capire quanto è importante il tuo ruolo ed il mio ruolo per alleviare le sofferenze di questi bambini. Un camice bianco ed un nasone rosso posticcio, magari anche la parrucca arcobaleno potrebbero aiutarti ad essere più attrattivo, ma sai qual è secondo me, la cosa che più di tutte le altre mi spingerà a guardarti? Il tuo sorriso sincero. Non dimenticarlo mai quando deciderai di scendere in strada con il banchetto.
Valeria Romanelli
R&Rconsulting