Come è cambiato il lavoro con le nuove tecnologie. Un’indagine quantitativa-qualitativa di GIPIEFFE Spa, realizzata per la Camera di Commercio di Roma e presentata a ForumPa 2010, fa il punto sul rapporto dei lavori pubblici e privati con gli strumenti che offrono le nuove tecnologie
“Questa ricerca – spiega Andrea Mondello, Presidente della Camera di Commercio di Roma – indaga su come i dipendenti pubblici guardano all’informatizzazione e all’uso dei new media. L’indagine ha portato esiti sorprendenti che fanno giustizia di tanti stereotipi sulla P.A. e su chi ci lavora. Sebbene esista ancora un digital divide con il settore privato, questo è molto più contenuto di quanto si possa pensare. Trovo molto interessante, poi, che siano proprio i lavoratori del pubblico impiego a riconoscere come la digitalizzazione sia un processo benefico di democratizzazione oltre che di efficienza ed efficacia dei servizi”.
Impiegati pubblici sempre più digitali
Sebbene con punteggi ancora inferiori rispetto a quelli del settore privato, i lavoratori del pubblico impiego riconoscono come la digitalizzazione sia ormai pervasiva nei propri processi lavorativi. Per il 75,1% dei lavoratori del settore pubblico, il proprio lavoro dipende interamente dal computer e non sarebbe concepibile lavorare senza; per il settore privato questo dato sale al 86,4%.
Internet e Posta Elettronica certificata strumenti di lavoro
Internet è uno strumento di lavoro per il 68% degli impiegati del settore pubblico e per il 78,3% degli impiegati del settore privato. L’e-mail è usata per lavoro dal 76,7% dei dipendenti pubblici, nel privato si sale all’85,1%. La PEC (Posta elettronica certificata) è conosciuta dal 57,2% nel privato e dal 72,8% nel pubblico. Il 40,8% degli impiegati pubblici usa già la PEC per lavoro. La stragrande maggioranza degli impiegati pubblici (91,8%) è concorde sull’utilità della PEC. Un 55% ritiene che sia anche semplice da utilizzare, mentre il 36,2% ritiene che sia un po’ complicata ma che ne valga comunque la pena.
“Il ricambio generazionale è una delle cause più importanti del processo di apertura alla digitalizzazione che caratterizza la Pubblica Amministrazione. Con il ricambio generazionale infatti sono confluiti e continuano a confluire nella pubblica amministrazione i cosiddetti “nativi digitali” ma anche tutti coloro che, sedotti ed educati alla tecnologia nella propria sfera personale prima ancora che nel lavoro, considerano l’utilizzo degli strumenti informatici del tutto naturale e auspicabile”, commentano i ricercatori GIPIEFFE.
Qualche diffidenza ma molto entusiasmo
Nel settore pubblico, rispetto a quello privato, ci sono più diffidenti (62,5% contro 37,5%), ma paradossalmente anche più entusiasti (63,2% contro 36,8%). Nel privato esiste già una fase di normalizzazione e per certi versi di saturazione, in cui i pragmatici sono il 60,2% rispetto al 39,8% del settore pubblico.
“La permeabilità al nuovo – proseguono i ricercatori – è un carattere che oggi può essere a pieno titolo riconosciuto alla Pubblica Amministrazione. Al fianco di sacche ancora refrattarie all’innovazione tecnologica (i “diffidenti”) guadagnano sempre più terreno all’interno della PA risorse umane sedotte dalle tecnologie e capaci di interpretare la digitalizzazione in atto con convinzione e pro attività”.
Attratti dalle novità tecnologiche e dai social network
Gli impiegati pubblici sono interessati alle tecnologie tanto quanto gli impiegati del settore privato: l’attrazione e l’interesse per le novità in campo tecnologico riguardano in misura uguale entrambe le tipologie di impiegati. Nel privato si dichiara attratto il 64,5%, nel pubblico il 63,2%. Colmare il digital divide percepito rispetto ai lavoratori del settore privato è un’aspirazione diffusa. Nel pubblico, il 59,2% si fa un’idea degli altri anche guardando le tecnologie che usano, nel privato il 52,5%; inoltre, il 55,1% nell’ambito del pubblico ritiene che il successo lavorativo si possa valutare sulla base del numero dei contatti personali, mentre nel privato questa percentuale scende al 42,5%. I social network sono conosciuti per il 92,5% degli impiegati pubblici e per la stessa percentuale dagli impiegati del privato. Sono utilizzati dal 52,9% nel privato e dal 46,9% nel pubblico.
“Gli individui più avanzati e smaliziati nell’uso delle tecnologie nel proprio privato sono spesso i più motivati e proattivi vettori di cambiamento all’interno del proprio ufficio. L’impiegato pubblico, spesso, oggi, non solo si adegua alla digitalizzazione, ma si attiva in prima persona per spostare ancora più in là il tasso di tecnologia e informatizzazione del proprio workflow”, commentano i ricercatori.
La macchina della Pa a due velocità
Negli uffici pubblici il cartaceo regna ancora sovrano, con un’attività che spesso è solo duplicazione del digitale. Il 73,8% degli impiegati pubblici dichiara di non poter rinunciare al cartaceo, contro il 61,7% dei privati; il 62,4% degli impiegati pubblici dichiara che negli uffici si usa troppa carta, contro il 55,9% dei privati.
La PA rimane a due velocità: un’abilitazione tecnologica che ha fatto progressi sostanziali, a fronte di una cultura organizzativa ancorata a procedure obsolete. Commentano sempre i ricercatori: ”Un’altra contraddizione riguarda l’alfabetizzazione nella propria sfera personale, rispetto al proprio posto di lavoro: nel pubblico si chiede loro spesso di rallentare, a volte di tornare indietro”.
Dirigenti e impiegati a confronto
La parte qualitativa dell’indagine mette in rilievo, come spiegano i ricercatori, che “alcuni dirigenti sono spaventati dall’effetto di democratizzazione insito nelle tecnologie. Le tecnologie promuovono modalità operative di autonomia che scardinano vecchi status symbol, come per esempio reperire un file in una cartella condivisa, invece di farselo stampare e portare sulla scrivania. E’ ancora vivo il retaggio di quando le tecnologie erano appannaggio dei lavoratori di basso livello”.
Continuano i ricercatori: “Per gli impiegati la digitalizzazione implica invece responsabilizzazione, promozione di forme di collaborazione fluide e reticolari, maggiore engagement. Il lavoro in rete, soggetto a condivisione e revisione continua, esalta la collaborazione e fa sentire il lavoro proprio”.