«Che vuole che dica: quello di mio marito è stato un colpo basso. Adesso si aprirà un momento di riflessione…Credo che alla fine Maisha, Giulia e io, quest’anno, passeremo un Natale diverso dal solito: andremo a servire il pranzo a una comunità che ospita senzatetto». Sono le parole amareggiate del ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge a Vanity Fair – nel numero in edicola dal 18 dicembre – che seguono un’intervista a sorpresa pubblicata da Libero, dove suo marito Domenico Grispino spara a zero sul Pd «macchina da soldi» e dove il complimento migliore per la moglie è «non ha capacità gestionali».
Il ministro ha accanto le due figlie, Maisha e Giulia (21 e 18 anni): «Papà ha solo detto ciò che pensava», prova a stemperare Giulia che è stata appena eletta rappresentante di istituto al liceo Muratori di Modena. «Certo, il modo in cui l’ha detto non può essere condiviso. Ma è nostro padre. E noi figlie per ora preferiamo non schierarci». Lei, ministro, che ne pensa? «Che preferirei parlarvi del mio operato politico e non scendere al livello di mio marito. Non voglio definire le sue dichiarazioni menzogne: diciamo che ha una percezione della realtà, e delle mie scelte, che non coincide affatto con la mia». Dice di aver votato Lega, mai tenera con lei… E attacca il Pd di Matteo Renzi, che invece lei ha tanto sostenuto. «E votato. Con mio marito abbiamo sempre avuto idee diverse, le discussioni erano all’ordine del giorno, ma erano tali, chiacchiere in famiglia. Sia chiaro: chi fa vera politica, in questa casa, sono io». Che cosa sta succedendo tra lei e suo marito? «Credo sia una questione di ruoli e priorità: a volte, quando si scende in politica con tanta passione o si persegue un sogno, alcune parti di noi possono risentirne». Suo marito si è sentito trascurato? «Con la campagna elettorale e il trasferimento a Roma dopo la nomina al governo è cambiato tutto. Sono arrivate le difficoltà a conciliare politica e famiglia. Spesso stavo fuori quasi tutta la settimana, tornavo a Modena nel weekend. Si è formato un altro equilibrio, dentro e intorno a me». Una vecchia storia, per le donne che lavorano… «Tante volte, per gli schemi in cui viviamo, se l’uomo ha il controllo economico va tutto bene. Se invece, a un certo punto, la donna si trova col timone in mano, qualcosa nella coppia cambia. E chissà quante si riconosceranno in quello che dico…». E suo marito le faceva presente che lei stava cambiando? «La nostra storia dura da vent’anni, non è una relazione dove magari si sta attenti anche a spegnere la luce: ci conosciamo da una vita. Tante volte, uno le cose non se le chiede più, accadono e basta». Non la raggiungeva mai a Roma? «Certo, ci siamo visti più volte. E c’è sempre stato confronto tra noi due». E adesso, invece? «Con quello che ha detto, chiunque si sarebbe sentita ferita. Nel partner si cerca sostegno, ma per ogni donna è fondamentale prima di tutto riuscire a realizzarsi». Il suo matrimonio è ancora in piedi? «Al momento sì, anche perché ci sono le nostre figlie. Ma è troppo presto: le conseguenze delle dichiarazioni di mio marito si vedranno a tempo debito». Interviene Maisha: «Se posso, essendo molto credente, penso che perdonare sia fondamentale. Io non avrei mai attaccato mamma pubblicamente come ha fatto mio padre, ma non lo condanneremo». E lei, ministro, che farà? «È un momento difficile, ma ho sempre avuto una certa capacità di rigenerarmi».